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Tamerisco XV

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XV

 

Piero scopre un amico tossicodipendente

 

In quei giorni decisi di aprire un conto in banca dove la biblioteca potesse versare lo stipendio. Ogni mese mi era dato un assegno colore oro che riponevo nel portafoglio avendo cura di non sgualcirlo e lo scambiavo di malavoglia in vile moneta , tanto era bello e importante, con la firma in calce del direttore e la cifra pure in calce, che suonava come un haiku che ora scandiva l’inverno, ora la primavera o l’estate, nelle sue lievi oscillazioni quantitative. Una perfetta fusione d’immagine e di numero, di poesia e di matematica, nella miniatura di un monaco dell’Alto Medioevo.

Adelina mi condusse da un suo amico impiegato in banca, un compagno di scuola del liceo. Questi, Luigi Benedetti, ci ricevette in un salotto di velluto rosso; alle pareti paesaggi di marine e ritratti di arcigni signori dell’ottocento rendevano l’ambiente austero e incredibilmente intimidatorio. Luigi fu affabile: baciò Adelina su entrambe le guance e strinse vigorosamente la mia mano. Sprofondammo letteralmente nelle poltrone, come tanti Fantozzi nella stanza del megadirettore galattico. Luigi ci illustrò con aria  professionale i vantaggi che offriva l’apertura di un conto in quella banca. Era un impiegato modello che avrebbe fatto di sicuro una brillante carriera, pensavo intorpidito dal morbido abbraccio della poltrona. Luigi era alto, perfettamente proporzionato nell’abito di lino bianco, i capelli castani tirati indietro dal gel, il viso dai lineamenti perfetti che pareva scolpito da un Canova. Eppure, dalla sua altezza, esprimeva una cordialità semplice che lo rendeva ancora più affascinante.

Dal conto in banca passammo a parlare delle vacanze: Luigi si dimostrò un profondo conoscitore dei villaggi turistici nei posti più belli del mondo. 

Nella sua breve esistenza, aveva ventitré anni, aveva fatto l’operatore turistico e aveva posseduto perfino un’agenzia di viaggi. Lo vedevo molto adatto a quel genere di vita: ai bordi di una piscina che simulava una spiaggia esotica con finti banani, ananas e grandi fiori colorati senza profumo, circondato da belle ragazze che avevano l’obbligo di divertirsi e di divertire i clienti. Dopo circa mezz'ora, espletate le formalità di rito e le doverose firme, ci congedò con due baci sulla guancia a Adelina e una calorosa stretta alla mia mano. Quando uscimmo al sole, una vampata di calore ci tolse il respiro. Ci guardammo negli occhi e Adelina, che aveva la capacità di leggermi nel pensiero, disse: “Era il sogno di tutte le ragazze del liceo uscire con lui, ma a una gita scolastica lo trovarono a letto col professore di ginnastica. Un vero peccato, un ragazzo così bello!’’

Ridemmo, e Luigi mi parve ancora più umano e simpatico.  

Quella sera ricevetti la telefonata di mia sorella. Alberta mi informava che lo zio era stato colto da un malore e si trovava ricoverato in ospedale. Mi disse che un signore  era accorso al suo capezzale, un amico, era rimasto con lui per tutto il pomeriggio. Avrebbe detto che io sarei amico di suo figlio che non vede da molto tempo e che pare sia tossico.

“Mi raccomando, io e mamma siamo molto preoccupate, sta attento a chi frequenti. Certi amici è meglio che vadano per conto loro”

Così si espresse, con quel tono di vecchia saggia che tanto mi infastidiva.

E bastarono quelle poche parole per turbare il mio sonno col gigantesco punto interrogativo che per tutta la notte pendeva  sul mio capo nel buio. Mi domandavo chi potesse essere quel signore amico di mio zio, padre di un mio amico tossico. Che io sapessi, non avevo alcun amico tossico.

Al mattino presto, prima di uscire, ricevetti la telefonata di mia madre che tra le lacrime mi informava che lo zio aveva avuto un infarto, le sue condizioni erano improvvisamente peggiorate ed era stato trasferito in rianimazione. Domandai se dovevo tornare a casa, lei mi disse che era inutile perché in rianimazione non facevano entrare nessuno. Non sono certo di essermi comportato bene in quell’occasione. Mio zio era un secondo padre, credo che se fosse capitata a me una cosa del genere, lui sarebbe accorso senza indugio. Io mi ero lasciato sopraffare dalla improvvisa pigrizia che mi coglie ogni volta che la vita deraglia dai soliti binari.




 

 

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