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al testo di Cristina spinoglio
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In attesa nel Vercors
Chino il capo alla dimora del vento, le mie mani inabili sperdono scaglie di tabacco sul tavolo lustro di mogano nero. Fragore lontano di un’acqua amica, il torrente nella piena del disgelo. Un velo mi separa dalle foglie sorelle, l’anta sbatte ribelle. Le margherite appassite ergono ancora timide corolle tra il loglio e l’erba secca. Il trifoglio si ostina a rinascere pulito. Svanito è il sole tra nubi cocciute e nere. Nelle assolute distese del tempo chino ancora il capo, e nel frattempo rinuncio a sperdermi, mentre l’acqua canta e la nube diventa birichina mi dona una lamella di sole, mi sprona, le querciole e il camedrio svettano virgulti audaci nella pace del fosso. Il tordo non si è mosso, rimane fiero sul ramo che oscilla. Una scintilla riduce in briciole il poliedrico paesaggio di foglie. Sono giunta fin qui, lascio nel verde spargersi i pensieri, dissolversi al canto del ruscello.
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