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al testo di Giorgio Mancinelli
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‘dove poggiano le ore’ (*)
nello scolorire dei muri riarsi delle case dietro le imposte chiuse delle finestre denro le stanze avvolte nella penombra negli armadi silenti che pure parlano di noi di certe solitudini che pensavamo dimenticate appese alle pareti racchiuse nelle cornici nei portaritratti sul mobile antico che mute s’avvalgono dell’arcano del tempo
del tempo che ritrovato posa nel silenzio della polvere ricordi d’una felicità ingenua condivisa coi fratelli e le sorelle di ieri che dell’oggi hanno svanita l’essenza dietro le porte socchiuse o forse mai aperte coi genitori la cui assenza rende all’illusione ciò che pensavamo fosse per sempre una realtà in illo tempore dismessa
nelle sere d’inverno quando agli schiamazzi seguivano gli strepiti del nascondino e i rimbrotti: ‘fate piano’ e ‘non correte’ quando poi raccolti d’intorno alla stufa si cavavano le caldarroste e il buon vino rosso come i nasi e le orecchie d’ognuno ad ascoltar le fole cui pure credevamo partecipi dei timori della notte
fole che nella quiete delle ombre si posano lasciando spazio ai sogni che della realtà hanno talvolta solo i colori d’una tavolozza confusi nel quadro che dell’esistenza rende un luogo di commiato senza meta che la sosta è solo permanenza soglia di nocumento o forse pregiudizio per chi non crede nell’alterità del pensiero
acciò che l'oggettività nega del mondo estremo di quel non-essere che pure incombe sinonimo di diversità indice di differenza cui siamo legati da indissolubile parvenza capaci/incapaci di misurare il tempo della nostra resilienza allo sgretolarsi dei riarsi muri che hanno plasmato la nostra logora identità e ci hanno visti crescere e morire
nell’illusione del tempo, dove poggiano le ore
(*) Un grazie di cuore a Giovanni Baldaccini e a Luciana Riommi per la gentile concessione della foto qui utilizzata e per aver dato il titolo a questa mia composizione. |
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