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al testo di Ferdinando Giordano
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A ben pensarci, Luì, ti trovo mano a mano in prima classe già che mi ordinano a ripetizione per il valore che ora avrebbe chi t'accompagna? A pranzo stentati; o per quel passatempo raccontato a letto, unico orologio a ritroso. Perciò raccolgo il riso che mi prende, - la risata, ti ricordo, con cui iniziò la convivenza tra elementi diversi. Esplosivo in principio come un ahahah da niente. Di sollievo, diresti per fare luce a più riprese. E riderei, Luì, padre per bene. Quando mi hai dato terra era la tua che prendevo e ho fatto l’ape per restare in serto al sogno; ed ancora mi porti al limite nel ritrovo - e ti ritroverò, al limite. Analizzo questa parte: in realtà calpestavi la terra seguendo il mare. Ma chi segue l’onda si dice adesso, è conformato. Con la speranza delle reti: che ne sapevo di doverle tenere per me? Zolle incontentabili ti forgiavano i piedi: tanto plastiche che la sabbia non le manteneva. Certo, ne è passata acqua! e tanta ne ho avuta per bermi tutta la vita, ma che inarrivabili labbra hai usato! Luì, volto fraudolento, bello come non ti dico, morto oltre i capelli con tre o quattro o mille di essi consenzienti alla ginestra, fatti di buon vento. Ora mi disseti, come si sente. |
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