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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Poesia della settimana

Questa poesia è proposta dal 21/05/2012 12:00:00
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Sonetti a Orfeo (I, 3)

di Rainer Maria Rilke (Biografia/notizie)

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[ Traduzione di Claudio Angelini ]

 

 

*

 

Ein Gott vermags. Wie aber, sag mir, soll

ein Mann ihm folgen durch die schmale Leier?

Sein Sinn ist Zwiespalt. An der Kreuzung zweier

Herzwege steht kein Tempel für Apoll.

 

Gesang, wie du ihn lehrst, ist nicht Begehr,

nicht Werbung um ein endlich noch Erreichtes;

Gesang ist Dasein. Für den Gott ein Leichtes.

Wann aber sind wir? Und wann wendet er

 

an unser Sein die Erde und die Sterne?

Dies ists nicht, Jüngling, Daß du liebst, wenn auch

die Stimme dann den Mund dir aufstößt, - lerne

 

vergessen, daß du aufsangst. Das verrinnt.

In Wahrheit singen, ist ein andrer Hauch.

Ein Hauch um nichts. Ein Wehn im Gott. Ein Wind.

 

 

*

 

Un dio lo può. Ma potrà mai adeguarsi

su snella lira un uomo, dì, al suo esempio?

L’uomo è discorde. Apollo non ha un tempio

dove in cuore due vie vanno a incrociarsi.

 

Non è brama, quel canto che tu insegni,

non cosa ambita e finalmente presa.

Canto è esistenza. Al dio facile impresa.

Ma quando siamo, noi? Nei suoi disegni

 

quando egli terra e stelle a noi prepara?

Non quando ardi d’amore, o giovinetto,

pur se t’urge la voce in bocca. Impara,

 

scorda ciò che cantasti. Fu un momento.

Il canto vero è un altro, soffio schietto,

che va in nulla. Soffio divino. Vento.





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