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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Poesia della settimana

Questa poesia è proposta dal 15/12/2019 14:54:00
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La terra più del paradiso

di Roberta Dapunt (Biografia/notizie)

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I

 

Vedi, il tempo che si concentra
qui dentro questa stanza,
amico mio che t'invento,
comprime i giorni fino a soffocarli.
Questa è la mia vita
e da essa io ti sto scrivendo.
Io non ho altro,
da me non parte nient'altro.
Leggimi quindi. Rimani e siedi.
In fondo non chiedo nient'altro
che essere guardata in faccia
e negli occhi spalancati.

 

II

Tu mia stanza,
paziente angolo di questa casa.
Mia cattiva abitudine, mio vizio capitale.
Tu mia triste passione, mia poesia.
Tu mio orto misericordioso,
mio terreno fertile, mia arsura.


Tu grande orecchio che ascolti
il mio eco mille volte uguale.
Tu mio confessionale, mia direzione.

 

Tu mio tabernacolo,
custode della mia anima.
Tu mia cappella, che in te conservo
le immagini dei santi e dei miseri dannati.
Tu mio venerdí santo, mia Pasqua.

 

Tu mio rifugio, mia arca,
quando tra le mani diluviano gli inchiostri.
Tu mia stanza, mio spazio fisso,
mio enorme foglio bianco.

 

Tu mia certezza, mio feretro,
mio funerale.
In te rientra in silenzio
il mio rito quotidiano,
la mia tempesta, il mio silenzio.

 

III


Scrivo per vivere meglio le abitudini della mente.
Ripeto a voce i versi e li riscrivo
nel buio pesto e ad occhi chiusi,
finché in essi rimane l'anima soltanto
e mi sorprendo le rare volte,
che essa mi si presenta sul quaderno
invitandomi a un sorriso per un attimo contento.

 

IV

 

Sei venuto a farmi visita in sogno,
sola ho sofferto il tuo male.
Tu nella stanza sotto la mia,
suonavi maledetto il pianoforte.
Diavolo, anonimo demone,
i tuoi crampi angoscianti,
il mio disordine morale.
Le memorie di fantasmi
mi ululavano forte quell'incontro dell'orrore.
Fuori Lois mi guardava e non sentiva
come ti urlavo contro
disumana presenza.


Ospite vigliacco,
hai voluto fare il nido nella mia paura,
penetrarmi il cuore per avere una tana.

 

Ti dico, in verità ero io
che ospitavo il tuo disprezzo.
Mi volevi persa con l'anima in mano.
Io ero disperatamente viva,
rantolo demoniaco, agonizzavo.
E tanto mi odiavo,
che di già mi sentivo cenere.
Fino a svegliarmi e poi nessun pensiero.

 

V

 

Sappi che mentre scrivo non ho ossa né carne,
che ciò che di me rimane
è simile allo spazio buio della stalla,
e dentro smarrisco il tempo e dentro io ritrovo un posto
in cui stare. In cui meravigliarmi.


E nel buio della stalla divento domestica e lavoro.
Urna felice è la greppia colma del fieno raccolto.
Scrigno fedele di valori sempre uguali.
E poi la poesia, quanto vorrei tracciarla di piú.

 

 

[ da La terra più del paradiso, (sezione le intime riflessioni), Roberta Dapunt, Einaudi ]

 

 


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