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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Poesia della settimana

Questa poesia è proposta dal 13/04/2020 12:00:00
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Evasioni (in)certe

di Maria Teresa Infante

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La quarta sedia

 

Ci sono stata in quella casa

in cui le geografie cambiavano direzione

e il giorno non sapeva da che parte entrare.

 

La tavola apparecchiata per quattro, invano.

Io che sedevo ogni volta su quella sedia

rimasta vuota fino al mio ritorno

 

mio fratello chiedeva che nome avessi

io recitavo il suo nome a memoria.

 

Mia madre diceva

– Figlia mia, mangia ogni cosa

che non ti faccia andar via,

io ci sono morta tra i binari

della vecchia ferrovia

dove le tratte sono ferme ai boschi

e le cortecce si fanno tronchi.

 

Mi avrebbe vista crescere

dalla finestra che dava sul lago

pensando che le mareggiate

fossero solo cose di mare e sale.

 

Io mangiavo, mangiavo

così mi avrebbe trovata già grande

e avrei potuto asciugarle gli occhi

che non hanno visto il mio canto soprano

ma l’ultima danza del cigno

ostinato a restare umano.

 

Le onde d’acqua

lasciano segni che fanno male

tirano a fondo le attese amare.

 

Mia madre è di là che apparecchia…

la sedia ha una gamba rotta.

 

 

 

Liquidi sottopelle

 

L’occhio rastrella a vuoto

non troppo lontano dal mio sguardo.

 

Il piatto doccia è così pulito

sembra non esserci mai stata vita.

Chissà dov’è finita

l’acqua passata tra le dita

 

pensare che ho fatto la doccia ogni mattina

 

anche l’asciugamano

ha le pieghe che non ho mai preso

stirarle ne avrebbe alterato il senso

spostato il nesso sopra il mio piano

no

non intendo pianto ma proprio piano

dove le terre smottano da lontano

 

qui invece non si muove foglia

il vento esula dal mio divano.

 

Magari una doccia calda

tornerà a guardarmi in faccia

 

è che ci riprovo ancora

almeno una volta

stavolta, stanotte

 

i liquidi, si sa

passano sotto le porte chiuse.

 

 

 

Incomprensioni

 

Le sillabe

rovinavano in picchiata dalla finestra

 

il paracadute era appeso in cucina

tra le piastrelle e l’orologio a pendolo

 

non avevo più gambe

per andare a riprenderle

prima che si fracassassero

sul tuo niente, intero di silenzi

mentre chiamavi giro

per tornare a dormire

 

scendere le scale

– tra i pioli di sempre –

era già stato fatto

compiuto anche questo atto.

 

Aria compressa.

 

Tiro la coperta dal mio lato

lasciando scoperta

la parte che non ha mai parlato

 

giusto per sapere se ti avrei salvato

dal mutismo che ti ha condannato.

 

Reo

assolto per insufficienza di parole.

 

 

 

[ Opera II classificata al Premio Letterario Nazionale Il Giardino di Babuk - Proust en Italie, VI edizione 2020, sezione Poesia ]

 

 


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