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Pizza d’autore

di Medina Lariana
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Pubblicato il 07/06/2011 11:58:58

Mezza su e mezza giù dal divano mi stiracchio, rotolo sul pavimento e allargo le braccia come il Cristo in croce. La pancia brontola e mi scappa da ridere. Quanto vorrei uscire a mangiare una buona pizza. Ma con chi? Non ho voglia di parlare, vorrei solo gustarmi una buona pizza, magari una costosa, di quelle d'autore. Non ho ancora celebrato la mia disoccupazione, potrei fare una pazzia e buttarci un po' della liquidazione. Mi guardo nello specchio, i jeans sono diventati larghi e calano sui fianchi, il maglioncino è troppo corto e la canottiera spenzola fuori. Ma guardati, ti manca un pallone da basket e tutto l'insieme avrebbe una sua ragione d'essere. Sto regredendo al prepubere e l'estetica cerca di adeguarsi. Perché non posso andare in pizzeria da sola? Perché in Italia non si fa; tutti ti guardano oppure ti rompono le scatole.
È il cellulare, ma che suoneria ho messo? "Sconosciuto", che faccio rispondo? Sì dai, sono in vena di far danni:
- Sì.
- Carmen? Sono Dario, l'amico di Claudio, ci siamo visti alla festa di compleanno...
- Ah sì - il deficiente, come cavolo ha fatto ad avere il numero di cellulare, chi è il traditore? -
- Pensavo, ti andrebbe di uscire a cena?

Chiamo mia sorella, se c'è una che può trasformare uno scugnizzo in una donna, è lei. Ci sono delle caratteristiche che sono democratiche in ogni loro aspetto, come la "pirlaggine", distribuita sul genere umano senza distinzione di razza, sesso, età o condizione economica e in quantità variabile da individuo a individuo. Altre, come la classe, sono concentrate in grande quantità in un unico individuo e mancano completamente in un altro. La classe non s’impara e non si compra, la si può scimmiottare per un po' ma sulla lunga quello che sei viene fuori. La classe è una caratteristica innata e mia sorella ne ha da vendere.
Tirata "a malta fine" mi reco alla vestizione. Mia sorella non batte ciglio, affronta l'impresa con cipiglio professionale, anche quando si accorge che mi sono tagliata i capelli da sola: "Cos'hai contro i parrucchieri?". Al terzo tentativo capisco che ci siamo; lei è esausta e si lascia cadere sul letto.
Mi faccio prestare il Suv dalla mia ex-collega e attraverso la città. Sto producendo più inquinamento di una fabbrica di polipropilene e non capisco come si possa condurre una macchina da guerra in pieno centro cittadino senza ammazzare qualcuno; mi vergogno. Ho dato appuntamento al Gigione direttamente sul posto sicché eseguo un parcheggio tattico, di quelli con via di fuga veloce in direzione della tangenziale.
Quando arrivo l'uomo mi sorride, sembra contento. La pizzeria è prenotata ed è presto, quindi ci fanno accomodare subito. L'ambiente è accogliente, su misura per me, per questo l'ho scelto.
L'inizio fa ben sperare, il mio eroe è un tantino arrogante con i camerieri, mi auguro che sia quell'imbecille che immagino così poi, non avrò nessun senso di colpa.
Si chiama "multitasking" e più che una dote, é un difetto, un'abitudine poco sana nella quale non ho rivali: divido in due il cervello e mi faccio i fatti miei mentre fingo di ascoltare chi mi sta davanti.
Mentre leggiamo il menù, il tipo prende le misure, commenta il locale, m’illustra la sua situazione economico-sentimentale, s’informa sul mio stato civile e si assenta per andare alla toilette. Torna stropicciandosi un naso un po' più rosso di prima. È un bell'uomo e tutte le donne nel locale stanno dando una sbirciatina. Dio ti ringrazio! Un tronfio, ricco, drogato tutto per me.
So già cosa voglio: una pizza d'autore di quelle con le spezie accostate dallo chef, col mantecato di castagne abbinato alla spuma di pan di spezie oppure con il miele che abborda la n'duja, l'andouille come direbbe mia sorella. Il tizio sceglie la pizza e la birra più care della lista.
Quando la cameriera termina di annotare l'ordinazione sorrido e ringrazio e il mio galantuomo mi chiede se conosco la ragazza; annuisco, anche se non ho la più pallida idea di chi la figliola sia. Mentre aspettiamo le pizze, mi preparo ad affrontare con arguzia l'intervista; se mi gioco bene l'ouverture, il resto dello spettacolo sarà un successo.
- Di cosa ti occupi?
Dunque, vediamo, lo distruggo subito col margine di contribuzione? No, non arriveremmo al dessert. Meglio sorvolare anche sullo stato occupazionale. Mi viene in aiuto l'immagine dell'ultimo datore di lavoro:
- Sono una semplice segretaria, in una piccola azienda.
Riattacca con la casa sul lago, quella in montagna, il Suv. L'elenco completo dei cespiti porta via un po' di tempo, ma la cosa non mi preoccupa, qui il servizio è lento. Intanto mi perdo nei profumi che cominciano a circolare nell'ambiente e non so dire esattamente a che punto del monologo capto la parola “disoccupato” e la parte finale del discorso.
- Se uno non trova lavoro è perché non ha voglia di lavorare oppure è un incapace.
- È vero, hai proprio ragione. - Santo Dio che profumo, cos'è basilico? -
- Certo con tutti questi extracomunitari... mettergli sopra la benzina e dargli fuoco...
Il Naviglio "sbarluscia". Mia madre è nata qui, quando questo era il quartiere dei poveri cristi, sono così contenta di essere riuscita ad avere il posto vicino alla vetrata.
- Non sei una di quelle fissate con la politica o la psicologia, vero?
- Assolutamente no, io non ci capisco niente di politica, figuriamoci di psicologia.
E qui provo un certo timore: il Dio di mia madre forse mi ha sentita e adesso sta addensando le nuvole, per generare un fulmine che colpisca il Naviglio facendolo esondare in modo da rompere la vetrata con gran fragore e scaraventarmi a gambe all'aria sul tettuccio di uno dei barconi. Mi viene l'istinto di nascondermi sotto il tavolino; tranquilla Carmen, hai depistato la mamma e il suo Dio dicendo che saresti andata a Monza.
Arrivano le pizze e mi scappa nuovamente di ringraziare la cameriera. Su quella del re consorte mezzo Mar Caspio sta sommergendo completamente l'impasto. Mi lascio imbrogliare dai profumi della mia pizza d'autore e mi viene in mente la favola del viaggiatore che, sentendo la mancanza dei suoi cari, odorava spezie e aromi, raccogliendo col respiro l'energia per inviare piccoli pensieri d'amore alle persone lontane.
Do uno sguardo d'addio al mio compagno e inizio a gustare la mia pizza a piccoli bocconi, respirandone i profumi. Devo fare attenzione e scegliere le mie strenne in modo accurato, se esagero la magia non funzionerà.
La prima è per Alessandra: un bell'abbraccio, di quelli che si ricevono non di quelli che si danno.
La seconda è per Gaia: energia, da tirar fuori nei momenti in cui la tribù le leva la pelle di dosso.
La terza è per Germano: coincidenze, di quelle che messe tutte insieme ti fanno andare nella giusta direzione.
La quarta è per Giuliano: un piccolo successo, uno solo ma gratificante, significativo.
La quinta è per Ivan: non so di cosa abbia bisogno ma il pensiero è talmente positivo che potrà trasformarlo in ciò che desidera, all'istante.
La sesta è per Gabriele: affetto, da spalmare e da spalmarsi addosso ogni volta che ne sentirà il bisogno.
L'ultima è per Angelo: intuito, gli servirà per star dietro ai nipotini come si deve.
Un lavoro perfetto: prima le donne, in ordine di età, poi gli uomini nello stesso ordine, mia sorella apprezzerebbe.
Il mio amico è triste, alle Maldive quest'anno ha piovuto. Io invece sto da Dio, non so se il merito vada alla magia o alla birra, ma mi pare che la pressione sia salita a livelli accettabili. Peccato che la mia pizza sia quasi finita.
Insisto per pagare la mia metà ma non c'è verso. È in corso di applicazione la prima legge del mercimonio secondo la quale se uno ti paga la cena, dopo gliela devi dare per forza.
Fuori dal locale l'aria é fredda. Percorrendo l'alzaia in direzione dell'auto incrociamo l'Eleonora d'Arborea, la scuola elementare che frequentava mia madre, dove gli americani spruzzavano sui bambini il DDT. Quando la mamma racconta la storia, si percepisce ancora l'umiliazione. L'unica differenza tra gli abbaini di Sant'Eustorgio e le case minime del Giambellino era che là, al Giambellino, non si pagava la pigione.
- E questo cos'è?
- Non saprei. Qualche ufficio comunale? - C'è scritto scuola elementare, idiota.-
Arriviamo in prossimità del Suv ma Rommel la volpe si accosta a un'utilitaria. Adesso c'è da mettere in scena il finale. La bestia si avvicina, vuol concludere.
- Andiamo a berci qualcosa?
- Ti ringrazio, ma ho promesso a mio zio, che abita lì sull'altra sponda, che sarei passata a salutarlo, quindi scusami, ma devo proprio andare.
Tiro fuori il telecomando dalla tasca e con un gesto un po' troppo plateale faccio scattare la serratura; al Gigione casca la mascella inferiore. Nel salire a bordo del mio "Abrams" do una piccola "scosciatina", con grazia, senza esagerare. La prossima volta che uscirò a cena con un uomo potrei essere troppo vecchia per questi colpi di teatro, quindi mi tiro avanti con i lavori. Faccio un cenno di saluto al tizio che, come la cameriera, non so chi sia e avvio il mostro.
La tangenziale è quasi deserta, meno male, posso andare piano, guidare rilassata e pensarmela addosso, come piace a me. Invecchiare ha pochi vantaggi ma sono tutti vantaggi di sostanza. Da ragazza avrei cercato a tutti i costi il lato positivo della persona, adesso "mi sento" il lato positivo della questione.
Di questo non abbiamo avuto il tempo di parlare papà. Mi manchi tanto, a te una cosa così sarebbe piaciuta. Porca vacca che pizza eccezionale!




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