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Мари́на Ива́новна Цвета́ева
Marina Ivanovna Cvetaeva
(1892-1941)
Il poeta
Che devo fare, cieca e figliastra,
In un mondo dove ognuno è paterno e vedente,
Dove le scomuniche sono come terrapieni
Della passione! Dove il pianto
E’ chiamato raffreddore!
Che devo fare, per costola e mestiere
Corista! – come linea! abbronzatura! Siberia!
Tra le mie chimere – come lungo un ponte!
Con la loro imponderabilità
In un mondo di pesi.
Che devo fare, cantante e primogenita,
In un mondo, dove il più nero è grigio!
Dove l’estro si conserva come in un termos!
Con questa smisuratezza
In un mondo di misure?!
22 aprile 1923
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Осип Эмильевич Мандельштам
Osip Ėmil'evič Mandel'štam
(1891-1938)
Tristia
1
Ho studiato la scienza degli addii
Nei lamenti notturni a testa nuda.
Masticano i buoi, e l’attesa dura,
L’ultima ora della festa cittadina,
E onoro il rito della notte del gallo,
Quando, tolto del viaggio il peso del dolore,
Guardavano lontano gli occhi lacrimanti,
E col pianto d’una donna – delle muse i canti.
2
Chi può conoscere nella parola “addio”,
Quale separazione ci attende,
Cosa ci predice del gallo il grido,
Quando il fuoco nell’Acropoli si stende,
E all’alba di una nuova vita,
Quando il bue rumina pigro il mangime,
Perché il gallo, araldo di nuova vita,
Batte le ali sulle mura cittadine?
3
Io amo la pratica del filare:
La spola va e viene, il fuso ronza.
Guarda, incontro, come piuma di cigno,
Delia scalza sta già correndo.
Oh, della vita misero fondamento,
Com’è povera la lingua della gioia!
Tutto era un tempo, tutto ritornerà,
Ma solo riconoscersi è dolce momento.
4
E così sarà: una figura trasparente
Giace su un piatto di argilla pura,
Come pelle di scoiattolo appiattita,
China sulla cera la fanciulla scruta.
Non sta a noi sul greco Erebo predire,
Per le donne la cera, per gli uomini il rame.
A noi solo in battaglia la sorte è data,
E a loro divinando è dato morire.
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Владимир Владимирович Маяковский
Vladimir Vladimirovič Majakovskij
(1893-1930)
Tu
Sei giunta –
risoluta,
al mio ruggito
per la mia statura,
e gettato uno sguardo
hai visto solo un ragazzo.
Hai afferrato,
hai rapito il mio cuore
e semplicemente
hai preso a giocare con esso –
come una bambina con la palla.
E ciascuna –
come vedendo un prodigio –
la dama che restò di stucco
e la vergine fanciulla.
“Amare uno come quello?
Uno così si avventerà!
Deve essere una domatrice.
Deve venire dal serraglio!”
Ma io esulto.
Il giogo –
non c’è!
Stordito dalla gioia,
saltavo,
ballavo come un pellirossa alle nozze,
tanto ero allegro,
tanto ero leggero.
1919-1918
[ Poesie tratte da Grafie russe, Libro Aperto Edizioni, a cura di Paolo Statuti ]