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Io non posso uscire dal mio pensiero


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Pubblicato il 16/05/2022 12:00:00

 

...E se fossi vittima di un’illusione?

Mi sento obiettarmi:

quello che è in me, è l’immagine,

il riflesso, l’idea dell’universo.

Il pensiero non è che il fantasma

del mondo offerto a ciascuno di noi.

L’universo per sé stesso esiste

all’infuori di me, indipendentemente da me,

con tale immensità

da far sì che io sia un nulla

e come già morto.

Se anche io non fossi,

o se chiudessi gli occhi,

l’universo sarebbe egualmente.

 

Un’angoscia, una ferita fresca

mi stringe lo stomaco…

Poi ecco che un grido sale dentro di me,

un grido lucido, cosciente e indimenticabile

come un accordo sublime di tutta la musica: «No!».

 

No. Non è così. Io non so

se al di fuori di me l’universo

possiede una realtà qualsiasi.

Quello che so, è che la sua realtà

non appare che per mezzo del mio pensiero

e che fin dal principio esso non esiste

se non per l’idea che me ne faccio.

Sono io che ho fatto sorgere

le stelle e i secoli e che ho teso il cielo

nella mia testa.

Io non posso uscire dal mio pensiero.

Non ho il diritto di farlo,

senza errori e senza menzogne.

Non posso. Ho un bel tentare

di dibattermi come per sfuggire da me stesso:

non posso concedere al mondo

altra realtà che quella della mia immaginazione.

Credo in me e sono solo,

poiché non posso uscire da me stesso.

Come immaginare senza impazzire

che io non sia solo?

Quale cosa potrebbe provarmi

che oltre l’insuperabile pensiero

il mondo abbia un’esistenza disgiunta da me!

 

 

[La poesia qui proposta è un libero adattamento in versi della scrittura in prosa tratta da L’infernoHenri Barbusse, trad. di Manuela Madama, Edizioni di Atlantide, pagina 236]

 

 


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