L'incanto è nei primi passi dell'ora che rallenta,
solo che si abbia il coraggio di toccarsi,
dove avvolgerla e girarle intorno
quando il suo corpo arriva
la luce è fiato che riprende
lo spazio del pensiero,
lingua che va nelle pupille
di due mondi in sogno
vegliando la speranza dell’incontro
interminabile. Dove il tempo cresce
nel cono di luce di una stessa attesa
anche lei si volta, appesa alla parete,
per riconoscersi, dall’altro lato, col Tuo libro-
un corpo che era suo, tra i gigli bianchi,
a illuminare l’arco della vita- e una carezza
ti basta tenere nel cavo delle mani
quella luce col suo ultimo respiro,
che spinge ai margini la morte,
restituendo la maternità, nome su nome,
e cibo per vedersi nella nascita
ai piedi della casa, dalle nostre spalle al muro,
nel suo potere di resurrezione:
la felicità di non vedere,
generando voci
a ogni sentiero,
aggiungendo luce
al mio piccolo lume,
e mani,
che si propagano come alberi distesi,
e le radici ed i capelli insieme sono Uno
Sono sola, e l’altra io ha fame.
Così ho mangiato un fiore,
spuntato in piena neve,
in una notte precoce
il canto continuo di un vento,
nella mia garza di piccole cose,
innalzando come un vaso il nome
nel cielo e un'altra figlia ha posato la testa
nella parte profonda del ventre- senza dolore-
abbassati gli occhi
insieme
ho sentito le nostre madri
toccarsi con le dita,
conservando calore
è già sera, quando canta narimzeni,
al di là di questo buio,
quando il sonno ci porta da loro,
per fiorire
dove vanno a tornare le cose
che hanno amato. A un passo appena
vi guardiamo di ritorno
nello sguardo delle figlie
piantate con il corpo nella terra
per aprirsi , sempre più profonde,
ritte sui bulbi color miele,
senza dimensioni,
poi, c'è il silenzio,
tra le gambe nude,
si allarga nell'attesa, ci soffia dentro,
sconosciuto e splendido
con la pancia nel cuore
siamo una piccola famiglia,
in una stanza tra due isole
il loro viso è la tua parola.
Tra i miei capelli e la tua mano
si leva ignara e santa la pupilla
di chi ci sfiora- queste donne,
che entrano dentro tutte,
con la tacita fede delle piante,
nelle loro infinite rinascenze.
.
Scultura: Martin Hudáček
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