Imparo a baciare con una lingua nuova
tutto lo splendore del grano,
dentro il ventre continenti
di larici e betulle, nelle orecchie
campi e mani a disegnare
dove gli alberi hanno gli occhi
e dove dormi, sul mio viso
sono ancora insieme, ovunque tocco
respiri di bestie, di gioia, e una risata
nel buio che insegna a partorire,
scrutando la propria terra,
grammo a grammo il nero, con un canto,
come serbasse il codice di una costellazione,
lì, dove incomincia una pianura
per diventare collina-
una striscia sul labbro, un punto esatto
dove le cose coincidono
"un calmo alito, un vento, un soffio in nulla"
tra percezione e rituale-
la bocca è altro respiro
a celebrare le unioni di un piccolo seme
che so nelle tue tasche che amo
da tutto ciò che fa male, a quell’ombra
riposa l’estate che viene il tuo nome,
a rifugio, come farebbe un bambino, con te
che mi ascolti nella cadenza la voce-
di quando ti scrissi dei mostri nel grano
dei cingoli neri a radunare i braccianti
che toglievano il giallo al silenzio
dei chicchi- fino a dissolversi in crusca
sui fogli scalzi di sempre
che chiamano i cervi nel grano futuro.
La ricordanza è cenere in aria
che vibra,
che benedice il cammino,
per quanto a lungo stende le mani,
la terra che vola sei tu che ti alzi
nell’istante del grano, che plachi nei secchi
formando col pane
ciò che la luce già sa
il palmo è offerto al vento e ora
se aggiungi un altro passo poi sorridi,
ti offro le mie mani per le ombre
nel petto qualcosa di dolce, il posto
e il nome dove l'erba voleva volare
poi preferì rimanere, per dare riposo
ai rami dei cervi.
Nello splendore del grano,
inumidendo la terra come un messaggio,
ascolto gli alberi, la cerimonia semplice dei frutti
a viso aperto, mentre il tuo sole entra nel mare,
nel suo ritorno a Dio. Con la stessa calma,
che non avevo visto mai,
dove una collina bacia la pianura,
nel punto esatto io t'incontro e basta
a prender forma un sogno
in mezzo al caos.
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