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Gli Astrofagi

di Antonio Risi
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Pubblicato il 09/06/2015 19:39:00

Gli Astrofagi

 

Alla memoria di Italo Calvino

 

Viviamo fluttuando nello spazio cosmico. Ci nutriamo di tutta la materia che troviamo intorno a noi. stelle, pianeti, satelliti, asteroidi, comete, polvere cosmica, nebulose sono gli ingredienti della nostra cucina. Per noi il rapporto con la realtà si risolve nel mangiare. Assaporare il cibo, masticarlo, inghiottirlo, digerirlo, espellerlo, è il nostro miglior modo di comprendere le cose, pur se quest’esperienza del mondo esterno può darsi solo distruggendo, o, più esattamente, trasformando, ciò che vogliamo conoscere. È vero che altri organi di senso, come la vista e l'udito, ci permettono di cogliere informazioni a distanza, ma non sempre ciò che si vede o si sente corrisponde esattamente a ciò che è: illusioni ottiche e sonore possono trarci facilmente in inganno. Solo mangiando conosciamo davvero l'universo, perché lo assumiamo, lo facciamo diventare parte di noi, lo comprendiamo e lo interiorizziamo.  Ci mangiamo perfino fra noi, ma pratichiamo questo cannibalism non per fame ma per altruismo. Chi non ha mai desiderato far partecipe un amico, un conoscente, di ciò che pensa o sente? Bene: per noi questo può accadere unicamente lasciandoci divorare dall'amico o dal conoscente, e divorandolo a nostra volta. Questo reciproco divorarci si perfeziona quando incontriamo l’anima gemella (fra noi non esiste differenza fra semplice conoscenza, amicizia, amore). Ma non moriamo mica, eh, mangiandoci a vicenda: ci fondiamo, ci mescoliamo, diventando un unico essere (questa è una cosa misteriosa che non so spiegare come avviene! Diciamo che pare annullarsi l’opposizione fra vita e morte). Mangiare ed essere mangiati è, per noi, la suprema legge morale, il modo per favorire il metabolismo cosmico. I nostri scienziati hanno persino formulato l'ipotesi teorica che l'universo sia eterno proprio in virtù di questa nostra capacità, continua e infinita, di mangiare e cagare. Dalle feci dei nostri lontani antenati si sarebbe, in pratica, formato l'universo che divoriamo, digeriamo ed espelliamo ricominciando il processo ciclico. In fondo, il Big bang potrebbe non essere altro che una mega defecazione primordiale, così come la fine di questo universo consisterà in un definitivo inghiottimento galattico che porterà ad una nuova espulsione di feci, e così in eterno.

Cominciamo da bambini a conoscere mangiando. Dalla nascita, fino a quando abbiamo circa due miliardi di anni, assorbiamo un po' di tutto: onde elettromagnetiche, radiazioni, polvere cosmica. Crescendo, i gusti si arricchiscono e si differenziano: i maschietti amano sgranocchiare gli asteroidi, mentre le femminucce preferiscono succhiare le comete. Cominciamo, maschi e femmine, a sviluppare la nostra specifica sessualità, fino a quando siamo pronti a sbranarci d'amore l'un l'altra. Quando raggiungiamo l'età matura stelle e pianeti sono il nutrimento prevalente. Le nebulose, infine, sono il classico pasto per gli anziani. Le assorbono respirando dalla parte stretta di una specie d'imbuto. Il pasto, insomma, diventa un percorso nutritivo, conoscitivo e formativo insieme, perché i cibi variano dai più semplici e facili da reperire, da comprendere e da digerire, fino ai più complessi e difficili.

Le stelle costano molto, perché più difficili da gestire: bisogna riporle in speciali contenitori refrattari e tenerle sempre sotto controllo, perché mutano e si consumano in fretta. Caratterizzate da violente reazioni chimiche al loro interno, alterano lo stato psicofisico di chi le mangia, di conseguenza sono vietate ai minori, ed anche noi adulti dovremmo evitare di consumarne troppe prima di metterci alla guida. Apportano moltissime calorie, e non ce ne possiamo fare un’abbuffata. Noi maschi le mangiamo perché fatichiamo e facciamo sport, ma le femmine preferiscono i buchi neri: assorbono materia ed energia ed aiutano a mantenere la linea. Dobbiamo stare attenti, inoltre, ai pianeti gassosi, perché provocano reazioni rumorose piuttosto … imbarazzanti!

I pianeti, specie se provvisti di satelliti, sono una leccornia. Il pianeta dev’essere mangiato fresco, perché, se si conserva a lungo, i satelliti smettono di girargli attorno e gli finiscono sopra rovinandolo; ma anche quando non accade, il gusto non è più lo stesso. Al contrario, un pianeta privo di satelliti, seppur meno gustoso di quello che ne è fornito, si può conservare senza inconvenienti. Alcuni usano anche togliere i satelliti e cucinarli impanati con polvere cosmica, mentre il pianeta ormai privo di lune lo lasciano essiccare, ma è un modo di procedere che non mi sembra molto ortodosso: i pianeti con satelliti vanno mangiati così come sono, mentre i satelliti girano intorno al pianeta. Questo girare provoca una sensazione inebriante sulla lingua e un piacevole rimescolio nello stomaco. Non per nulla i pianeti con satelliti costano di più: sono tanto più cari quanti più satelliti possiedono. In effetti, ci vuole anche una certa abilità nel prelevare un pianeta senza arrestare la rivoluzione dei suoi satelliti. L'ideale, ma non sempre si può, è ingoiarlo sul posto, piazzandosi precisi sulla sua orbita e spalancando la bocca abbastanza da farcelo entrare insieme coi satelliti che gli girano intorno. Naturalmente, oggi le cose sembrerebbero più semplici, perché al supermercato trovi interi scaffali di pianeti con satelliti, regolarmente orbitanti, sospesi dentro apposite confezioni trasparenti, fatte apposta per far vedere che sono freschi. Non vi fidate! Per la maggior parte si tratta di pianeti in origine senza satelliti, a cui hanno fatto girare intorno qualche grosso asteroide sbozzato a forma di sfera. Perciò costano poco. Quando li mangi, però, t'accorgi subito della contraffazione.

Ma i pianeti che più ci fanno venire l'acquolina in bocca sono quelli azzurri. Solo il Buongustaio Cieco, leggendario Vate fiorito ai primordi della nostra civiltà, ne avrebbe assaporata la bontà, riconoscendo il colore al gusto. Ce ne ha lasciata una sublime descrizione in uno dei suoi Poemi. Di essa si sono nutrite le leggende del nostro popolo, alimentando poesia e filosofia. Su questi fantastici pianeti azzurri due teorie si sono sviluppate nei secoli, affascinando gli amanti del gusto. Una afferma che esisterebbe un solo pianeta azzurro, l'altra ipotizza che ce ne sarebbero molti, sparsi in tutto l'universo. Veramente, quando, nelle nostre dotte conversazioni, si finisce col parlare dei pianeti azzurri, altri due punti di vista si contrappongono. Alcuni di noi prediligono una visione razionale della realtà. Secondo costoro l'esistenza dei pianeti azzurri è pura leggenda, feconda nel campo della poesia culinaria, ma che non trova fondamento nella cucina scientifica. Altri, più inclini all'irrazionalità, sono affascinati dalle teorie del complotto. Sospettano che individui fortunati trovano, guidati dall’ispirazione olfattiva, i pianeti azzurri, ma, ritenendosi i soli degni di gustarne, se li pappano da soli. Poi vanno in giro, atteggiandosi a Vati, a dire quanto sono saporiti, e a far crepare d'invidia noialtri. È per questo, sostengono gli irrazionali, che si sanno tante cose sui pianeti azzurri, anche se nessuno li ha mai visti. Chi li ha scovati ed assaggiati ha trasmesso agli altri, per quanto è stato possibile, l'idea delle sensazioni gustative di questo rarissimo bocconcino prelibato. Oggi i più sono inclini a credere che quella dei pianeti azzurri, o del pianeta azzurro, sia una secolare montatura culturale. Tale dotta bufala avrebbe le sue radici proprio nel Poema del Buongustaio Cieco. Fra l’altro, anche costui non si sa neanche se sia veramente esistito. Tuttavia, giacché i suoi versi hanno fatto testo per tutte le generazioni a venire, tento un sunto in prosa delle caratteristiche culinarie di questo pianeta più unico che raro.

Già il suo aspetto visivo (perché in cucina anche l'occhio vuole la sua parte!) appare invitante: la zona illuminata dal sole è, per l’appunto, d'un azzurro intenso attraversato da macchie e filamenti bianchi; la parte in ombra, poi, se il pianeta è abbastanza vecchio, si ricopre in alcune zone di miriadi di minuscoli puntini luminosi. Si ipotizza (questo passo del poema è particolarmente oscuro) siano dovuti alla presenza di microrganismi. Proprio ad essi si deve quel gusto un po’ aspro, elettrizzante. Questi microbi sarebbero, infatti, capaci di produrre energia. Ma questa è solo una delle infinite sfumature di gusto che si sprigiona dall’astro. La lingua – canta il Poema – coglie pure il mistico (così lo definisce!) sapore del sottilissimo involucro d’aria. La bocca è poi sommersa da un'impressione di freschezza dovuta all'acqua, che lo ricopre quasi del tutto (e proprio l'acqua gli fa assumere quel meraviglioso colore azzurro). Mentre con la lingua assapori queste prime sensazioni aromatiche, l'agitarsi dei microrganismi provoca una specie di eccitazione alle papille gustative. Ma il bello deve ancora venire: se aspetti che si sciolga la sottilissima crosta di terra che lo riveste, puoi lasciarti penetrare fin dentro l'anima dal gusto inebriante del magma infuocato che c'è dentro. Basta! Sapete che faccio? Parto alla ricerca del pianeta azzurro.

 

Antonio Risi


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