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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

da cuore a cuore

di Silvana Sonno (Biografia)

Proposta di Silvana Sonno »

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Pubblicato il 10/01/2016 19:03:07

Da cuore a cuore


Durante l'ennesima e disperata “messa in ordine” dei miei quaderni d'appunti, mi sono imbattuta in un pensiero di Gandhi trascritto su un foglietto, in un tempo e in un luogo di cui non ho memoria, ma il testo è bello e così lo condivido per una breve riflessione.

Un giorno, un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli: - Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?- - Gridano perché perdono la calma- rispose uno di loro. -Ma perché gridare se la persona sta al suo lato?- disse nuovamente il pensatore. - Bene, gridiamo perché desideriamo che l’altra persona ci ascolti- replicò un altro discepolo. E il maestro tornò a domandare: - Allora non è possibile parlargli a voce bassa?- Varie altre risposte furono date, ma nessuna convinse il pensatore. Allora egli esclamò: - Voi sapete perché si grida contro un’altra persona, quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. Quanto più arrabbiati sono, tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l’uno con l’altro. D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano soavemente. E perché? Perché i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola. A volte i loro cuori sono talmente vicini che neanche parlano, sussurrano solamente. E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono. E’ questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano -. Infine il pensatore concluse dicendo: - quando voi discuterete, non lasciate che i vostri cuori si allontanino,non dite parole che li possano distanziare di più, perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare-.

E' innegabile che viviamo in un tempo rumoroso e strillone, dove ogni piano confronto ha lasciato il posto ad uno stile di insulti e offese così ripetute e indifferenziate da essere, nei fatti, indirizzate anche a chi ne è spettatore o spettatrice, come quando in una rissa i colpi feriscono chi passa per caso o vuole solo capire cosa sta succedendo. Forse è per questo che sempre meno persone si soffermano a pensare il contenuto dei confronti/scontri che la televisione quotidianamente ci propina, ma anche di quelli familiari, che ci riguardano più da vicino e tanto meno si tende ad intervenire nei diverbi altrui, nel timore di essere raggiunti dalla selva di violenza che minaccia la nostra integrità fisica e psichica, se non altro per l'effetto di contagio che le male azioni sembrano avere sul tessuto sociale e sugli individui che lo animano: in famiglia, a scuola, nei marciapiedi cittadini, nello sfrecciare del traffico, nei locali pubblici, nelle istituzioni … la parola gridata ed il gesto sguaiato sono ormai norma e fanno consuetudine.
Gandhi suggerisce che ciò dipende dal fatto che abbiamo lasciato allontanare i nostri cuori e abbiamo confuso la distanza delle idee e delle intenzioni - che legittimamente vogliamo sostenere ed esprimere nei diversi contesti in cui si ritiene necessario e utile- con l'inimicizia, l'ostilità, il rifiuto dell'altro. Conseguenza ne è l'indebolirsi del sentimento dell'amore, inteso come indispensabile vicinanza, solidarietà, riconoscimento del prossimo -come te stesso-, ma anche l'avvilimento dell'intelligenza, della ragione che dovrebbe intervenire a contenere le emozioni della pancia, a stabilire giusti limiti alle esternazioni e agli sconfinamenti del linguaggio e del corpo.
Io penso però - e questo è il mio punto di vista – che al di sotto di tutto ci sia la profonda e antica paura di vivere, acuita oggi dal sentirsi sempre sotto il tiro di obblighi sociali che ci costringono alla competizione, allo sgomitamento, alla difesa ad oltranza dello spazio individuale, che sentiamo minacciato da presenze che non ci incuriosiscono più, ma che avvertiamo indistintamente minacciose, sulle quali proiettiamo tutti i fantasmi che nascono dal nostro sentirci inadeguate/i, giudicate/i, fallite/i, sempre in corsa verso obiettivi che si allontanano e svaporano nell'orizzonte nebuloso delle promesse non mantenute dai valori dominanti.
Silvana Sonno (riflessioni da un testo di Gandhi)



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