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’Navi nel deserto’ - un libro di Luigi Weber

Argomento: Libri

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 23/03/2023 17:50:20

“Navi nel deserto” – un romanzo di Luigi Weber - Il ramo e la foglia editore 2023

 

Al principio dell’avventura di questo romanzo c’è il deserto e non solo, la illuminante storia di un luogo liminare, in cui il tempo fluidifica e le epoche trasmutano, luogo di anamorfosi e anacronismi, in cui ogni umana esistenza trapassa nel mito e il mito scivola dentro l’esistenza dei personaggi che si “…dividono una terra aspra, inospitale, e se la contendono intrecciando odio, pregiudizi, incomprensioni”, lasciando visibili solo «…gli aspetti ora maestosi ora orridi del deserto, le montagne sullo sfondo, le apparizioni vere e illusorie delle oasi.» (Pierre Loti).

È qui che s’appressano alle dune più alte i cavalloni di sabbia, in cui le grandi ruote dentate delle navi arrancano nella traversata del deserto arroventato dal sole esaltante una narrazione che si snoda lenta, fatalmente misteriosa, in cui i protagonisti s’agitano fugaci come spettri segnati dagli inflessibili ritmi del tempo che li consuma, come in “…un libro aperto e sollevato contro il sole”, le cui pagine ingialliscono e ben presto bruciano al suo fuoco inarrestabile. “…Uff, il sole! – non ne abbiamo abbastanza di sole, ogni giorno della nostra vita? Se c’è qualcosa che non manca mai, qui, potete giurarci, è proprio il sole.”

C’è sempre il sole in ogni mirabile avventura umana, o almeno la sua luce sfolgorante che sfoca ogni cosa d’intorno, in cui lo spazio s'apre sovrano sull’immensità del nulla apparentemente vuoto del deserto, sì che nella transitorietà che anima il tutto, finanche la propaggine smagliante dei sentimenti ne è spazzata via, le sensazioni e le emozioni bruciate dalle contrastanti forze della natura che governano le ore insieme al passare dei giorni e delle notti: “…il pomeriggio non passa mai, e invece così si arrivava a fare sera in un baleno.”

Sì ché, nell’impareggiabile dominio dei ritmi del tempo, trasmutano le diverse facce del deserto che il vento spaventoso soverchia sollevandone la sabbia arroventata del giorno; il chiarore della luna domina imperturbabile la notte, il gelo s'affossa nelle ore che precedono l'alba. Sono queste ‘pro-pagine’ a dare il senso della transitorietà della scrittura autorale di Luigi Weber: “…intricata come un labirinto o un arabesco”, narrate in modo terribile e meraviglioso quale frutto d'immaginazione e di follia, in cui ha visto in ogni sedimento un mondo estremo, in ogni granello di sabbia una vita che si consuma.

Ma i detriti di ghiaia aguzza che pure cospargono il suolo di questa avventura estrema, altro non sono che i sedimenti di letti di fiumi asciutti, di epoche vissute altrove, di vite pensate all’origine di un mondo che è stato e di cui abbiamo perso il ricordo. Come pensate dalla sua mente creativa sulla scia di un mondo scagliato via che non conserva più nulla del calore e della vitalità della mano gloriosa che lo ha lanciato verso il sole; ancorché i sentimenti aviti dell’autore, innalzati a sostegno di alteri ideali, ricadono al suolo sollevando nuvole accecanti di sabbia rovente.

Un romanzo indubbiamente insolito quanto originale in cui si delinea un autentico stile scrittorio, frutto del delirio vibratile del suo artefice capace di metamorfizzare autori noti alla sua conoscenza, quanto alla nostra: Conrad, Melville, Stevenson, Verne, Eco, in personaggi vivi che si ritrovano, al pari di sopravvissuti a una catastrofe geologico-planetaria a interagire in uno scenario post-apocalittico che ha scavato la sabbia tutt’attorno “…alle rocche fortificate alte su speroni di pietra che emergono dalla sabbie come relitti”, che costellano il deserto di oasi distopiche, germogliate da un emozionante e rigoglioso intreccio narrativo…

“La mattina del 29 gennaio, per esempio, Conrad, il comandante (della Nave Kairos) stava osservando con curiosità ammirata quanto rapida fosse un’alba nel deserto; da una vasta luminosità diffusa si passava come per incanto all’accecante riverbero del sole, un sole che Conrad, quando abitava nella Rocca, non aveva mai visto tanto basso sull’orizzonte, e non lo aveva mai immaginato già tanto fulgido a quell’ora. (…) Nessuno di loro (sulla Nave Kairos) aveva visto i suoi occhi cerulei colmarsi d’interesse, poi di meraviglia, ascoltando racconti di vita marinara, storie di Navi e di capitani incontrati una sola volta e mai più, storie di cittadelle piccole come un forziere nascosto nella sabbia”.

«Ne risultava che perfino sul mare un uomo poteva cadere in preda agli spiriti del male (…) sentirsi sul volto il soffio di ignoti poteri che plasmano i nostri destini» - scrive Joseph Conrad. Destini che si sgretolano come muri di sabbia alla furia del vento, posti alla mercé degli attacchi delle Navi comandate dai Pirati signori della guerra, all’avidità del loro potere e della lotta armata. Destini che s’intrecciano con quelli delle “…Oasi abitate da sereni vecchi sapienti e distaccati, ma soprattutto degli abissi senza fondo del deserto, abissi della mente eppure concreti, su cui viaggiavano le Navi ignare delle metropoli sottostanti, delle immense calli tra i grattacieli spezzati e sepolti di cui alla superficie non restava più vestigia alcuna.”

Un romanzo indubbiamente ‘virtuale’ la cui visualizzazione rammenta scene viste di film tecnicamente straordinari come “Il pianeta delle scimmie” (1968), “Mad Max” (1979), “Interceptor” (1981), “Stargate” (1994) la cui ambientazione prefigura situazioni, sviluppi e assetti certamente non in controtendenza con la più avveniristica fantascienza e la tecnologia scientifica del presente, pur tuttavia accesa dalla pre-convinzione che tutti ci portiamo dietro da sempre: «…che i vivi (in quanto sopravvissuti) non si potessero più aiutare, che non esiste crudeltà e umiliazione che ciascuno non fosse in grado di infliggere e di sopportare nella sua fame (atavica), ira, paura o semplice stupidità, (onde per cui) chiunque è capace di tutto» (Publio Ovidio Nasone).

«Dove dobbiamo andare, noi che siamo costretti a vagare per queste lande desolate alla ricerca della nostra parte migliore?», fa dire il regista George Miller al principale interprete della serie filmica "Mad Max". La stessa domanda che dev’essersi posto Lugi Weber, autore di questo “Navi nel deserto”, approssimandosi alla convergenza del suo ideale “...in forma di articolo di fede, davanti alla beffa di uno sbaglio mai avvenuto della sua inettitudine, nell’attesa dell’impatto molle e fatale con la sabbia”; con la medesima convinzione che “…se uno di quegli scafi immensi abbandonava i sicuri terreni battuti delle piste poteva insabbiarsi tanto profondamente, dato il suo peso, da essere nella stessa condizione di un natante che affonda, cioè spacciato.”

Ma non è questa l’unica guizzante inquietudine che si scorge dalla lettura di queste ‘pagine di sabbia’ così fortemente esposte ai pericoli del deserto e alla potenza inesorabile del sole, aperte come sono “…a interrompere l’orribile silenzio d’incertezza che montava ogni giorno di più dal deserto. (…) In conseguenza di questa certo non logica – ma inizialmente speranzosa – deduzione, della razza, cioè delle più convincenti deduzioni, quelle che vogliono essere credute prima ancora d’essere formulate.”

Pagine che per noi, che le sfogliamo meravigliati, sembra di ripercorrere quella particolare intensità dell’esistenza, forse ciò che è il succo delle aspirazioni giovanili della protagonista femminile Freya (alias l'imprendibile Aretusa) e dello stesso capitano Conrad (alias Joseph Conrad de “La linea d’ombra” e dello strabiliante "Cuore di tenebra"), là dove per qualche misterioso motivo si riversa e si spande la luce piena, infuocata del sole, sull’immenso mare del suo autorale 'deserto interiore', che è anche il nostro.

 

L’Autore.

Luigi Weber giornalista e membro dell’organizzazione del Festival Internazionale di Santarcangelo dei Teatri, insegna Letteratura Italiana Contemporanea, presso il Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica all’Università di Bologna. Come studioso si è occupato soprattutto di poesia e romanzo sperimentale nel Novecento, di Storia e di Letteratura di viaggio. “Navi nel deserto” è il suo primo romanzo.


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