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La linfa più intima e le lacrime

di Amina Narimi
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Pubblicato il 04/12/2016 14:40:19

Guarda come si dispongono le foglie 
raccolte intorno ai rami a sera,
senza sapere chi di loro è amante,
e, senza fiori, il nettare che cola
come il sonno in una casa
sulle lenzuola bianche di bucato.
 
Una colonia di formiche,
o gli uccelli in stormo
sanno che il principio della terra fu nel verde
dell’euglena- al terzo giorno appena,
e solo il sesto noi, 
nel prospero frutteto-
una minuscola alga verde,
con il moto di una madre verso l’altro,
nel suo  ripetersi inesausto, fu respiro,
con le lunghe vene, il nostro.
 
-e quando la luce è stata poca
tra i sottilissimi flagelli 
ha nuotato come un animale
fino in cima all’Ararat, 
perduta a partorire, sola,
con le ginocchia piantate nell’erba,
ha mangiato terra e sole
pietre e costellazioni,
lasciando cadere le vesti a una a una,
nel suo posto vero, la yurta.
Altri hanno proseguito divorando
i loro simili animati
nelle ceste, con gli oggetti sacri.
 
Una scelta originaria e lenta, 
di gioia, stretta nel poco
di moduli semplici insieme, e divisibili-
un cuore per ognuno, polmoni e tante bocche
di intelligenze, e sciami, nessun individuo.
Puoi mangiarla sai? Non è ferma l’anima.
Se l’amputi  fiorisce, lacrimando,
se getti i suoi avanzi alle tue spalle
cresce un bosco.
Sfugge ai nostri occhi che si muove.
Ha il senso della luce, questo basta.
 
Ci accolse nel gesto abramitico
che invita l’angelo ad entrare
lasciando vuoto nella mente
il luogo puro, dell’ospite.
Da quelle nozze discende ogni dono
spinto alle bande del rosso, 
al rosso lontano, fino al  il blu, 
all’ultravioletto. Tocca se puoi
le parti più giovani dello stello, i viticci
i germogli e il legno, sono gli occhi 
                                            piccolissimi,
persino gli apici hanno il senso della luce,
cercando il buio amato,
entro cui cade eterna la rugiada,
 
come un vento luminoso.
Si aprirà la visione sul confine
che chiude l’ultimo anello del tempo,
i fiori bianchi per le api,
il rosso per gli uccelli,
e il nostro seme andrà così lontano, 
a riprendersi la vita, all’acquabuona,
 
innalzando il brillante delle foglie,
dal seno profondo, con le mani,
riunendole a preghiera 
nella stessa posizione di riposo
che avevano alla nascita i germogli.
Nel sonno delle piante 
io bevo l’acqua del tuo sguardo
d’uomo
la linfa più intima, e le lacrime.
 
 
 


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