Getto cumuli su cumuli, cirri e nembi, di terra e anidride carbonica,
sulle mie domeniche d'astio, bastian contralto ostracizzato dal coro,
sulle mie serate stanche, sulla iattura d'un io di rottura, da combattimento,
cicatrizzato tra mari suburbani di sabbia, e di cemento.
Mi vedi buttar terra, vermi e radici,
raccolti, mia cura, tra i solchi straziati delle tue narici,
su ideali morenti, senza nessun vanto,
su cambiali scadute, senza nessuno sconto,
col candore dimesso d'un'alce in vetrina,
mostrata da cacciatori armati d'ettolitri di vaselina.
E, un mese di Giugno, meno freddo degli altri
iniziò a scavarmi la fossa,
dove scriverete, con mano sicura, comici epitaffi,
nel cimitero dei Poveri,
nel cimitero degli affranti,
nell’incoscienza di non esser stato
solo uno dei tanti figuranti.
[Galata morente, 2010]
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