C'è una panchina dove il lago sembra più azzurro
e l' aria più leggera, fresca e calda di ricordi.
E' un po' più lontana delle altre,
c'è un po' di strada da fare
ma la riconosceresti tra mille,
è l' unica con lo schienale ancora orientabile
l' unica che ti mostra impossibili ricordi di passeggiate in carrozzina
o di un bimbo che non sapeva decidere
se guardare il lago, o la strada
che anche la strada aveva il suo fascino.
Passavano Guzzi rosso fiammante col volano luccicante,
qualche Topolino o millecento
e festose ragazze in bicicletta.
Io scelgo sempre questa, orientata al lago,
è da qui ti vedo arrivare, appoggiare alla balaustra e guardare il lago
fino alla fontana là in fondo,
che getta spruzzi altissimi,
ti vedo passare una mano tra i capelli e sorridere.
Ci metto sempre un po' a capire che non sei tu.
Giro lo schienale alla strada
chissà, forse arriverai da lì
nel tuo solito abitino azzurro cielo, leggero leggero.
E infatti arrivi, illuminata dal sole
il sorriso è quello di prima.
E ci metto ancora di più a capire che non sei tu.
Intanto l' altra ragazza guarda sempre al lago
e alla fontana
e alle rotaie che salgono a Brunate tagliando in due il monte,
si volta, mi vede e resta a guardarmi un po'
indeciso il sorriso.
Come ci volesse un po' a capire che non sono io.
Andrò più avanti, più tardi, verso la stazione
e prenderemo il treno per casa
guarderemo dai finestrini tutte queste case passare
e i prati, gli alberi, il sole calare,
senza fretta,
perchè ci vuole un po' a capire che in fondo eri proprio tu
che arrivavi in pieno sole con la gonna svolazzante
eri proprio tu che guardavi il lago
e non ci siamo riconosciuti.
Sempre tu ad abitare ancora così forte questi pensieri
e ad accompagnarmi a casa.
Perchè non c'è una vita sola.
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