Perché continuo a scrivere?
B., come Bangladesh, aveva
sedici anni, sul davanzale
del balcone d'un liceo milanese,
ma sedici anni non erano abbastanza
affinché Dio l'abbracciasse nel suo salto.
R., come Romania, aveva
tredici anni, sentendosene cento,
e nessun angelo
volava al suo fianco.
E., come Ecuador, aveva
tredici anni, senza che Genova
le ricordasse Quito,
nella solitudine del suo vestire
fuor di marca, disintegrata.
C., come Cina, aveva
dodici anni, consumati in fretta,
affacciandosi a un balcone
col desiderio di non vedere il mondo,
buttandosi nel vortice
dell'ansia da rendimento.
I loro nomi non sono difficili
da dimenticare, sono nomi
- come me- nati al contrario,
schiacciati contro i vetri
delle finestre della vita
saltando dall'asfalto.
[Scarti di magazzino, 2013]
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