Contaminato il giudizio da ettolitri di plasma
si fece fantasma l' intuizione primordiale
su come fare a bere sangue senza sporcarsi le mani
così si tinsero le lacrime e i fiumi di plastica
ma la cosa fantastica è che inventarono mari di guanti
senza rinunciare a saziare la loro fame famelica
la portata massima, il pianeta Terra e dita prensili;
l' alternativa vissuta da vittime di vittime abitate da un' anima sintetica
programmata a costruirsi nuovi alibi per l' altamarea, non partire mai
non prendere il largo se non per il verso di garantire un lento ritorno
una sera indefinita che non giunga mai il giorno,
che non vada mai in porto.
E poi mentire a se stessi, con faccia di bronzo e specchi alle pareti.
Chiodi sfilati di fresco, buoni all' occorrenza, per qualunque perdono.
Ma non vedi che muoio dietro ai canneti, in cima ai rami,
giù per le scale? Commetto peccati, quasi mortali,
m' ingoio tutte le parole.
Ma alcune restano appese, compongono un caos mancato,
un alfabeto vergine, macabro approdo di pensieri ridicoli.
Clonati da un' unica matrice fornita di fabbrica
per far finta di essere in vita. La soluzione ha una natura inconsulta.
Trattasi di cambiar la domanda, cosicchè il tempo risponda
non importa quando.
Ecco, laggiù potrai trovarmi, all' ultima ronda,
insieme a quelli che hanno perso la speranza lungo la strada
senza sapere dove vai e la morte per compagna
che vuol fermarsi in autogrill. Oltre la duna, con su la scritta
bevi cocacola. Produci consuma crepa e essi vivono, cccp.
Tre manifesti per un solo rito di commozione cerebrale
a cui santificare il fatidico si, appartengo a una condizione mortale
ma qualcosa mi dice che la storia non finisce qui.
E arranco, lungo la dorsale del mio ego non sprecando alcun sé.
Se convinto di essere in errore, coltivo il desiderio
d' inventare nuove operazioni, un rockmantico drink.
Blues da consumarsi preferibilmente al bancone del bar.
Già sbronzi da un po', accompagnati da rulli di tamburi
e squilli di fanfara.
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