Pubblicato il 25/04/2015 06:22:28
‘Orsù, ben venga Maggio…’: la tradizione in Italia
“Ecco il ridente Maggio ecco quel nobil mese che viene a dare imprese ai nostri cuori. È carico di fiori di rose e viole che fa risplender al sole ogni riviera”. (1)
‘Calendimaggio’ o anche ‘Cantar Maggio’ è la festa che ancora oggi riversa nel risveglio della natura l’aspettativa umana del bel tempo e dell’arrivo della buona stagione dopo il freddo e le avversità dell’inverno. Viene ricordata con questo nome con iniziative diverse in ogni nostra singola regione e in alcune regioni europee come simbolo della rinascita primaverile, e sono spesso gli alberi (ontano, maggiociondolo) che accompagnano i ‘maggerini’ e i fiori (viole, rose), citati nelle strofe dei canti, e con i quali i partecipanti si ornano. In particolare la pianta dell'ontano, che cresce lungo i corsi d'acqua, è considerata il simbolo della vita ed è per questo che è spesso presente nel rituale. Tuttavia trattasi di una festa testimoniata nel floklore dalla sopravvivenza di culti agrari di fertilità e come allegoria di più antichi riti pagani riferiti alla fecondità. Si tratta di una celebrazione che risale a popoli dell'antichità molto integrati con i ritmi della natura, quali Celti, Etruschi e Liguri, presso i quali l'arrivo della bella stagione rivestiva una grande importanza: L’uso di ‘piantare il maio’ o ‘il maggio’ apriva la porta “..all'Equinozio del Primo Maggio già verso la fine di Aprile. Per San Giorgio (23 Aprile) era usanza presso gli Slavi della Carinzia guarnire un albero tagliato alla vigilia e portarlo in processione insieme con un fantoccio (che poteva essere anche un fanciullo), ricoperto dalla testa ai piedi di fronde di betulla, anche detto il Verde Giorgio. L'albero veniva gettato poi nell'acqua affinché procurasse pioggia e quindi favorisse la crescita dei frutti e del foraggio. Anticamente le festività coprivano un ampio periodo comprendendo anche banchetti e notti danzanti. (..) La notte del 30 aprile si susseguivano in un'atmosfera orgiastica, banchetti e danze che terminavano con l'espulsione rituale dei morti, ovvero con l'avvento della «nuova vita». Sulla notte vegliava la Grande Madre della fertilità che dominava allo stesso modo il destino dei semi e quello dei morti” (2).
“Ben venga Maggio, e Maggio ll’è venuto eccolo Maggio arrivar pian piano con l’acqua in grembo e lle mezzine ‘n mano; eccolo Maggio, fa fiorì lle zucche date marito alle belle, datelo alle brutte; fiore di Maggio, fiore di gaggìa siete i più belli che nella festa sia”. (3)
“Il Cosmo è simboleggiato da un albero; la divinità si manifesta dendromorfa; la fecondità, l'opulenza, la fortuna, la salute - o, a uno stadio più elevato, l'immortalità, la giovinezza eterna- sono concentrate nelle erbe e negli alberi; la razza umana deriva da una specie vegetale; la vita umana si rifugia nelle forme vegetali quando è interrotta innanzi tempo con malizia; in breve, tutto quel che «è», tutto quanto è vivente e creatore, in uno stato di continua rigenerazione, si formula per simboli vegetali. Il Cosmo fu rappresentato in forma di Albero perché, come l'albero, si rigenera periodicamente. La primavera è una risurrezione della vita universale e di conseguenza della vita umana. Con quest'atto cosmico tutte le forze di creazione ritrovano il loro vigore iniziale; la vita è integralmente ricostituita, tutto comincia di nuovo; in breve, si ripete l'atto primordiale della creazione cosmica, perché ogni rigenerazione è una nuova nascita, un ritorno a quel tempo mitico in cui apparve per la prima volta la forma che si rigenera.” (4).
Così ‘Piantare il Maggio’ era significativo dell’appendere un ramo verde d’innanzi alle case delle fanciulle cui si voleva rendere omaggio, solitamente da parte dei giovani che s’accompagnavano con strumenti e canto:
“Siam venuti a cantar Maggio e qui siam venuti e qui cantemo. Ragazzette che dormite sulle piume riposate le finestre vostre aprite c’è la luca a farvi luce. Ragazzette pomposelle che di festa vi vestite vi mettete le sottanelle di tre sorte ricamate e tre colori. . . . Ecco Maggio rose e fiori”. (5) Per l’occasione della festa era in uso nominare la ‘Regina di Maggio’, la ‘Regina dei Fiori’ o spesso la Coppia Sacra: il Re e la Regina che aprivano la processione questuante e benedicente insieme all'Albero di Maggio decorato. I riti primaverili prevedevano che si recitassero ‘i maggi’ in forma poetica o di brevi rappresentazioni teatrali sul tema dell’amor cortese abbinato a due melodie dal ritmo piuttosto marcato e allegro, con la prima ripetuta due volte, a svolgere la funzione di ritornello. È il caso di ‘Kalenda Maya’ scritta in lingua d'oc, parlata nel XII secolo nella Francia del sud, la Provenza. Il testo è del trovatore provenzale Rambaut de Vaqueiras: (6)
'Kalenda Maya'
Ni fueills de faia Ni chans d'auzell ni flors de glaia Non es qe.m plaia, Pros dona gaia, Tro q'un isnell messagier aia Del vostre bell cors, qi.m retraia Plazer novell q'amors m'atraia E jaia, E.m traia Vas vos, donna veraia, E chaia De plaia .l gelos, anz qe.m n'estraia.
Calendimaggio nè foglie di faggio nè canti di uccelli, né fiori di gladiolo mi sono graditi, o nobile e felice signora, finchè io non abbia un rapido messaggero della vostra bella persona a raccontarmi nuovi piaceri porteranno Amore e gioia; e mi reco da voi, vera donna, e lasciatemi schiacciare e colpire il geloso, prima che io parta da qui.
Ma bell'amia, Per Dieu non sia Qe ja.l gelos de mon dan ria, Qe car vendria Sa gelozia, Si aitals dos amantz partia; Q'ieu ja joios mais non seria, Ni jois ses vos pro no.m tenria; Tal via Faria Q'oms ja mais no.m veiria; Cell dia Morria, Donna pros, q'ie.us perdria.
Mia bella amica per Dio non sia che uno fuori per la gelosia mi derida a mio danno otterrebbe caro prezzo per la sua gelosia se ci fosse come da separare due amanti; da allora non sarei mai felice un'altra volta nè conoscerei felicità senza di voi prenderei una strada tale da non essere mai visto da uomini ancora; quel giorno in cui ti perdo morirò, donna coraggiosa.
Con er perduda Ni m'er renduda Donna, s'enanz non l'ai aguda Qe drutz ni druda Non es per cuda; Mas qant amantz en drut si muda, L'onors es granz qe.l n'es creguda, E.l bels semblanz fai far tal bruda; Qe nuda Tenguda No.us ai, ni d'als vencuda; Volguda, Cresuda Vos ai, ses autr'ajuda.
Come potrei perdere o ritrovare una donna, prima di averla avuta? nè un uomo nè un amante è così solo per immaginazione; ma quando un corteggiatore si trasforma in amante grande è l'onore che ha accumulato, tale è la fama prodotta da un dolce sguardo; nuda non vi ho ancora tenuta mai, nè altri ti hanno vinto; vi ho desiderata obbedita, senza alcun premio.
Tart m'esjauzira, Pos ja.m partira, Bells Cavalhiers, de vos ab ira, Q'ailhors no.s vira Mos cors, ni.m tira Mos deziriers, q'als non dezira; Q'a lauzengiers sai q'abellira, Donna, q'estiers non lur garira: Tals vira, Sentira Mos danz, qi.lls vos grazira, Qe.us mira, Cossira Cuidanz, don cors sospira.
Proverei difficilmente gioia se mi separassi da voi mio Bel Cavaliere, nella disperazione, da quando non si rivolge da nessun altra parte il mio cuore né mi lascia andare via il mio desiderio, perché non desidera altro. I lusinghieri, lo so, sarebbero soddisfatti, mia donna, altrimenti non troverebbero pace. Un uomo tale vedrebbe ascolterebbe la mia disavventura, che sarebbe indetta per voi per questo perché lui vi guarda e considera nella sua presunzione, per cui il mio cuore sospira.
Tant gent comensa, Part totas gensa, Na Beatritz, e pren creissensa Vostra valensa; Per ma credensa, De pretz garnitz vostra tenensa E de bels ditz, senes failhensa; De faitz grazitz tenetz semensa; Siensa, Sufrensa Avetz e coneissensa; Valensa Ses tensa Vistetz ab benvolensa.
Così gentilmente fiorisce splendendo sopra a tutto, nobile Beatrice, e così gentilmente cresce la vostra virtù; secondo me la vostra signoria è adornata con ricco e giusto discorso, senza dubbio. Voi siete la fonte di graziose gesta; sapienza, grazia avete,con conoscenza; virtù impossibile da contraddire voi vestite con gentilezza.
Donna grazida, Qecs lauz' e crida Vostra valor q'es abellida, E qi.us oblida, Pauc li val vida, Per q'ie.us azor, donn' eissernida; Qar per gencor vos ai chauzida E per meilhor, de prez complida, Blandida, Servida Genses q'Erecs Enida. Bastida, Finida, N'Engles, ai l'estampida.
Graziosa donna, ognuno prega e proclama la vostra virtù, che dà un tale piacere; e colui che ti dimentica, giudica poca cosa la vita e così io vi adoro, distinta donna; da quando vi ho scelto come la gentilissima e la migliore, virtuosa signora, vi ho blandita e servita voi più gentilmente di quanto Eric fece con Enid. Ho composto e finito, o Dame Inglesi, l'estampida.
Si vuole che durante la funzione ‘magico-propiziatoria’ del ‘Calendimaggio’ si svolgesse una ‘questua’, durante la quale si ricevevano in cambio doni di genere alimentare come uova, vino, cibo e dolci. I ‘maggianti’ cosiddetti coloro che andavano a bussare alle porte delle case per ringraziare, cantavano strofe benauguranti agli abitanti delle case che visitavano:
“E qui semo venuti e qui cantemo ‘sti nobeli signori salutemo prima saluto lo capo de casa e ci si po’ cantà la ‘mprovvisata poi saluto lo capo maggiore e ci si po’ cantà quattro canzone. Se ci date anche un prosciutto pure quello lo pijamo c’è un compagno tanto ghiotto se lo magnerebbe tutto e vi dico io chi è quello que che porta il canestrello” (7)
La tradizione narra che questi giovani e giovinette, più spesso figlioli e figliole di contadini o comunque in età da marito, fossero benaccolti dalla gente, soprattutto se accompagnavano la processione che attraversava il villaggio dopo la benedizione dei campi, detta anche delle ‘rogazioni’, di stretto riferimento alle festività cristiane di origine assai più recenti; cioè dopo che il processo di cristianizzazione non era riuscito a sradicare del tutto quelle pagane. A detta tradizione si devono l’offerta dei ‘rami di pesco’ che sono i primi a fiorire e l’omaggio delle cosiddette ‘violacciocche’ che appunto fioriscono a fine Aprile e per tutto Maggio; l’uso di omaggiare i bambini con uova di cioccolato; l’innalzamento dell’ ‘albero di maio’ sulla piazza del villaggio attorno al quale s’intrecciavano danze con nastri colorati e fiori simbolo dell’avvenuto risveglio della natura, in ricordo della profondità delle sue radici nella tradizione popolare:
“Entriamo in questa bella aia dove è tanto bello entrare chiediamo alla padrona se vuol lasciarci cantare Ben venga Maggio. Siamo venuti a cantare a casa della brava gente sono arrivate delle ragazze che loro non pensavano. Sul nostro Maggio c’è il fiore del gelsomino è la primavera col fiore di rosmarino. Siamo in privamera i fiori son già tutti fioriti gli uccelli tutti cantano fa piacere a sentire. Davvero non volete credere che’l Maggio è già arrivato fatevi dalla finestra e lo vedrete addobbato. Non volete poprio credere che Maggio sià gia venuto fatevi sulla porta e lo vedrete fiorito..” (8)
È interessante notare come elementi religiosi cristiani si siano innestati su riti pagani di fecondità portatrici di fecondità per quelle padrone più generose e castigo a quelle avare:
“Ringraziamo la padrona che ha pagato con bei doni il Signore le dia grazia la mantenga in salute. Se siete proprio contenti che abbiamo cantato bene quest’altranno ritorneremo ci troveremo di nuovo insieme. Signora la padrona se lei non ci da niente preghiamo la Madonna che le faccia cadere un dente.” (9)
Più dura è invece l’invettiva verso il ‘padrone’ della cascina che non dona niente a chi s’affaccia a chiedere la questua: “Ecco chiuso il nostro canto s’era aperto in Paradiso e con lacrime di pianto si congiunge gioia e riso e con feste ed argomento cambio sòno ed instrumento. (..) Chi v’entrasse la vorpe ni’ pollaio che vi mangiasse tutte le galline che v’entrassero i ladri ni’ granaio che vi muffasse i’ vin nelle cantine . Un accidente a ‘l padre e uno alla figlia e i rimanente a tutta la famiglia”. (10)
Notevoli sono gli ‘stornelli di questua’ tipici del ‘cantar maggio’, pregnanti di significati e ricchi di ricchi di espressioni verbali dialettali entrate nella tradizione, quali – ad esempio – articola Graziella di Prospero (11) nel rituale saluto d’inizio:
“Appena arrivo la chiedo la licenza se in questo loco ce se po’ cantare. Se in questo loco ce se po’ cantare noi canteremo sennò famo le scuse e ce n’annamo. Ce so’ venuta da ‘n lungo viaggio porto la nova ch’è fiorito Maggio. A me d’intorno li coglio li frutti a mano a mano ve ringrazio a tutti. La bonasera ve la do in tre modi coll’occhi, colla lingua e co’ lo core. Pe’ prima cosa io voglio dà un saluto io voglio saltà il padron de casa. E mo’ benedico la cammera e la sala lu lettu dove dorme la padrona. E disse lo marito alla moiera ‘arzate moglie mia Maggio è fiorito. Arzate moglie mia Maggio ha misse le foglie. E disse la moglie a lo marito ‘arzate marito mio Maggio è fiorito. Arzate marito mio che Maggio è ben sfiorito. E Maggio se ne va pe’ le ripette le voglio salutà ste ragazzette. Tutte quante quelle da sedici anni a li ventisette. Questo è lu cantu ch’abbiam trovà D’annà giranno la notte pe’ le ova. Pe’ dì chi nun ce l’ha se le aritrova.”
La frase di chiusura ricorre in molti canti di questua e il termine ‘ova’ dono magico per eccellenza) sta a simboleggiare la richiesta di un compenso più generico e voluttuoso. “La viola, e che ci à fatte Maggio / che n’à passate / ca l’arboscello tuo / non à fiorito.” (12)
Come riferisce Roberto Leydi (13): “Quest’ultima questua è ripresa da una registrazione ‘sul campo’ fatta da Sandro Portelli nella zona di Labro, in Sabina, e la si deve probabilmente alla vicinanza con l’Umbria dove è molto diffusa. L’usanza del ‘cantar maggio’ è di fatto presente in Italia nell’area compresa fra l’Umbria, la Toscana settentrionale e in tutto l’Appennino Emiliano, diversificato nel Maggio di questua (stornello, poesia lirica), Maggio serenata (canto appassionato con accompagnamento strumentale), Maggio drammatico (rappresentazione), con ricchezza di forme e gare rituali fra il ‘re e la regina di maggio’, in quelle regioni dove, appunto, si svolgono gli eventi più rappresentativi e significativi dell’anno”. Allo spettacolo teatrale vero e proprio cui sono legate molte manifestazioni che anticipano e percorrono tutto il mese di Maggio con eventi anche spettacolari, è dedicato un intero album (Lp) registrato ‘dal vivo’ da Gastone Venturelli (14) che lo ha realizzato in occasione della Prima rassegna del teatro popolare e promossa dal Comune di Buti, dalla Comunità montana Monti Pisani nel 1978. L’album contiene recitativi, marce processionali, arie e cori che sia maschili che femminili che si alternano fino a costruire una ‘battaglia’ finale molto suggestiva. Strumenti come la fisarmonica, chitarra, clarinetto e violino si alternano nell’accompagnamento dei recitativi e delle arie e si propongono, anche senza l’ausilio della parte visiva, come documento interessante per la sua unicità, nel quadro di una conoscenza dei diversi modi comunicativi dello spettacolo popolare, così come sebbene solo in parte, è ancora vivo nel nostro paese. L’unicità di questi spettacoli è data da alcuni ‘esempi’ di testi narrativi entrati nella tradizione come “Pia de Tolomei”, “La Gerusalemme Liberata”, e il Maggio di Antonio Foscarini, raccolti in Toscana e in Emilia che ci rendono partecipi di una tradizione ‘viva’ ancora ai giorni nostri almeno in una ventina di località comprese nelle provincie di Pisa, Lucca, Massa, Modena e Reggio Emilia. “Ma antichi o recenti che siano – scrive in proposito Gastone Venturelli – i ‘maggi’ sono sempre composti nello stesso metro (quartine o quintine di ottonari) e con un medesimo linguaggio (letterario e arcaizzante, assai vicino alla lingua dei grandi poemi cavallereschi del Rinascimento: Tasso e Ariosto sono, non a caso, le letture predilette dei contadini toscani). E i copioni, manoscritti in quadernetti scolastici e conservati nelle case di quei popolani che cantano o hanno cantato nel ‘maggio’ subiscono continue e vistose modificazioni. Se si accettuano le composizioni più recenti, ben di rado conosciamo il nome degli autori dei ‘maggi’: furono parroci di paese, ex seminaristi, ma più spesso contadini, artigiani, cavatori. I manoscritti circolano anonimi o con il nome del copiatore; e i copiatori raramente ‘copiano’: quasi sempre rielaborano il testo che hanno sottomano. Così la creazione di un singolo si muta via via e diventa, col tempo, creazione anonima e collettiva”. (15) “Lo spettacolo, completamente gestito da popolani, si svolge per lo più all’aperto, in una piazza del paese o in una radura silvestre non lontana dall’abitato… con i ‘maggianti’ in uno spazio centrale e il pubblico tutt’intorno a 360 gradi. I costumi indossati sono per lo più gli stessi tramandati dalla tradizione, qualsiasi sia la vicenda che si rappresenti, lontani da qualsiasi riferimento spaziale e temporale, che si cerca di renderlo sempre più bello con aggiunte di nastri colorati, specchietti, coccarde. Nessun realismo: re Artù è vestito con gli stessi abiti che l’anno precedente erano serviti per Priamo o per Salomone. Soltanto nelle località più a sud, le stese dove il Maggio si canta in teatro, si preferisce prendere i costumi alla sartoria teatrale e vestir i personaggi con qualche attenzione alla storicità della vicenda presentata. Anche per quanto riguarda il canto, la gestualità e la tecnica di rappresentazione, le due aree si comportano in modo assai diverso fra loro. La trascrizione dei testi si basa, per quanto possibile, sui normali simboli dell’alfabeto italiano in modo che tutti, anziani e giovani, autoctoni e visitatori possano seguire la rappresentazione”. (16) Col nome di ‘Maggiolata’ si indica uno spettacolo itinerante di questua, che si svolge la notte tra il 30 Aprile e il 1Maggio. Nella provincia di Siena essa è attestata solo a Vivo d’Orcia, dove si svolge saltuariamente, e a Castiglion d’Orcia, due piccoli borghi medievali alle pendici del monte Amiata. Realizzata da un gruppo di cantori (dieci al massimo), tra cui si distingue il ‘capomaggio’ che dà via al canto, accompagnati da un complesso di strumenti a fiato, che include: trombe, clarinetti, sassofono, trombone, bombardino, basso in fa, ecc.. Il gruppo dei cantanti-suonatori muove dal paese verso la campaga alternando a ogni quartina un’aria solo strumentale. Qui entra nelle case dove canta la ‘maggiolata’ ricevendone in cambio vino e alimenti che vengono consumati sul posto; e soldi che verranno successivamente utilizzait per un pranzo finale per tutta la compagnia. Il giro della campagna si protrae fino a notte tarda; quindi il grupppo rientra in paese per concludere l’azione-spettacolo dopo il sorgere del sole. I testi cantati sono tradizionali: si tratta di quartini di ottonari, con la ripetizione del verso iniziale, in cui si fa lode della primavera e della campagna, si augura prosperità ai contadini, si canta l’amore e la bllezza delle ragazze. Ci sono poi strofe da cantare solo durante il giro della campagna e altre durante il giro nel paese. In campagna, in attesa dello spuntar del sole si canta:
“Spunta l’alba e si veste il sole se le mette le scarpe d’oro sulla bocca c’ha un bel fiore spunta l’alba e si veste di sole.” (17)
Il significato della ‘Maggiolata’ va però ricercato nel corso dei secoli, come si è detto nei riti agrari più arcaici, tuttavia la festa presenta oggi diverse manomissioni, nel senso che si è modificata e si intreccia con la storia culturale delle clessi egemoni. Per quanto, essa ha conservato, nelle aree in cui sopravvive, il carattere della cultura contadina della comunità ivi insediata. La pratica di celebrare il ‘primo maggio’ con l’esecuzione del ‘cantarmaggio’ come la quasi totalità dei nostri antichi riti, va inesorabilmente scomparendo: ormai defunzionalizzato sopravvive ancora nelle regioni dell’anconetano e del fabrianese (Marche)in forma memorizzata, a causa delle trasformazioni profonde della società ed in particolare della polverizzazione della civiltà contadina che ne proseguiva la tradizione. Proprio per evitare o almeno frenare questo rapido declino, il Comune di Morro d’Alba (An) con la collaborazione del Gruppo di canto popolare La Macina (18) da qualche anno sta chiamando a raccolta, la terza domenica di Maggio, gli autentici esecutori provenienti da tutta la regione, per ricantare in questo piccolo comune della Vallesina la tradizione del Cantarmaggio, in una festa locale allo scopo di rendere ‘viva’ la festa fra le genti:
“Cari ssignori vi saluto a tutti vi canto unà storiella e ppure ‘i fatti maggio che ci porta fiori e frutti noi li ‘rcojeremo dopo fatti. Avede visto sul calà del sole quando fece partenza maggio-aprile aprile gli donò rose e vviole e maggio se n’aveva da nutrire. La primavera ci convien a lodare e maggio che cci fa tanti favori giovani e vecchi fanno rallegrare villani artisti poveri e signore. . . . È questo un mese che ogni frutto allegra pure a la fava je fa fà lla tega ‘sse donne cure giù co la pannella e ‘tte le frega tutta la più bella..”. (19)
Non potevano mancare strofette scurrili o banalmente oscene care ai beoni che se la spassano dietro a un bicchgier di vino:
“Vedi llo vino tuo comme s’inpiccia prende su ‘n testa pare ‘na gramaccia l’hai fatto co’ ‘na vita carpeticcia e se ne bevi un pò gira la testa. E sse ne bevi un po’ de ‘sti sciroppi non vedi più né fratte ripe e fossi ma se lo fosso è grande non si scopre farrai ‘na tiritoppola sotto e sopre. Se ‘cci dade ‘l bon vi’ ‘l cor cci batte se non ce lo voi da’ porta ‘lla botte le forme di formaggio venghi ‘ntatte vi lascio come maggio a bbona notte”. (20)
La festa del ‘Calendimaggio’ è ricordata ad Assisi ed è forse quella più sfarzosa per via che ci viene direttamente da epoca rinascimentale. “I preparativi della festa – scrive Mario Colangeli (21) – cominciano tre o quattro mesi prima e vedono in lizza due parti avverse: la ‘parte di sopra’ e quella detta ‘di sotto. La sfida consiste nel rappresentare meglio alcuni episodi della vita dell’epoca. La manifestazione solitamente ha inizio il 29 Aprile con la consegna delle chiavi della città ad un Maestro di Campo che assume simbolicamente i poteri della città. Il 30 Aprile sulla piazza del Comune , i due quartieri della città, i nobili della parte di sopra e quelli della parte di sotto, seguiti dagli armigeri, dagli artigiani e sbandieratori, gareggiano in giochi d’armi medievali. La gare infine si chiude con la proclamazione di Madonna del Maggio, anche detta della primavera. L’indomani, Primo di Maggio sfilano i cortei delle due contrade, composti da circa cinquecento figuranti per ricevere gli applausi e le ghirlande di fiori offerti dalla cittadinanza in festa”.
Chiude la festività un evento ‘teatrale’ spettacolare che prende a soggetto fatti di cronaca cittadina o la vita religiosa, trasformati per l’occasione in episodi di grande attualità, grazie anche alla rivisitazione dei testi che più spesso prendono di mira le autorità e il potere, pur sempre con garbo e rispetto. In particolare vanno qui ricordati “Il Capitan dè Neri”, “La Mea”, “Storia della Cecilia” egregiamente riproste da Caterina Bueno (22): etnomusicologa e cantante italiana il cui lavoro di ricercatrice ha avuto una notevole importanza dal punto di vista culturale, consentendo di recuperare molte canzoni popolari toscane e dell'Italia centrale, tramandate oralmente fino al ventesimo secolo.
“L’edizione di quest’anno ad Assisi si svolge nei giorni 6-7-8-9 maggio 2015. Si tratta di un’edizione che, pur nel rispetto della tradizione, armonizza lo svolgimento organizzativo, ampliando anche la godibilità della festa, passando da tre a quatto giorni. Questo il programma: - mercoledì 6 maggio – ore 16.00 Consegna delle chiavi e Bando di sfida/ ore 21.30 Scene Parte De Sopra; - giovedì 7 maggio - ore 15.30 Elezione Madonna Primavera e giochi medievali,
ore 21.30 Scene Parte De Sotto; - venerdì 8 maggio – ore 15.30 Manifestazione medievale
(fuori abbonamento)/ ore 21.00 Cortei storici della notte; - sabato
9 maggio – ore 15.30 Cortei storici del pomeriggio/ ore 21.30 Sfida tra i Cori delle due Parti e Assegnazione del Palio. La manifestazione, come di consueto, verrà proiettata in differita in piazza del Comune”. Info: www.calendimaggiodiassisi.com
Le feste del Calendimaggio, a seconda della località in cui si svolge questa festa troviamo forme e nomi differenti:(da Wikimedia) •Calendimaggio ad Assisi (PG) •Calendimaggio a Vernasca (PC), in val d'Arda •Cantar Maggio su tutta la Montagna Pistoiese, dove per tutto il mese si svolge il Festival del Maggio Itinerante, •Carlin di maggio a Corte Brugnatella in val Trebbia, (PC) •Cantamaggio a Prataccio, provincia di Pistoia •Santa Croce, in una zona compresa fra i comuni di Brallo di Pregola, Bobbio e Corte Brugnatella, nelle province di Pavia e Piacenza •E bene venga maggio a Monghidoro (BO) •Galina grisa o Galëina grisa in val Tidone, a Pianello Val Tidone o a Cicogni, frazione di Pecorara, (PC) e a Romagnese (PV) •Maggio a Santo Stefano d'Aveto (GE) •Cantamaggio a Terni (TR) •Maggiolata a Firenze (FI) •Pianta dal Macc a Canzo (CO) •Cantar le uova nell'Alessandrino •Seveso, nella frazione di San Pietro, è presente nella prima domenica e nel primo lunedì di maggio una festa detta di Calendimaggio. •La Maggiolata a Castiglione d'Orcia in provincia di Siena nella notte tra il 30 aprile e il 1º maggio •Ecco Maggio giù ppe'r piano... a Badia Prataglia la notte tra il 30 aprile e il 1º maggio (AR)
Note:
1) ‘Siam venuti a Cantarmaggio’. Canzoniere Internazionale - Fonit Cetra n.29 lpp 261, 1974 2) Alfredo Cattabiani, ‘Calendario: le feste, i miti, le leggende, i riti dell’anno’ Mondatori 2003 3) 'Maggiolata' in Toscana vol.1 - Grosseto - Siena - Cetra 'I Suoni' SU 5004 - a cura di Diego Carpitella, 1980 4) Mircea Eliade, ‘Trattato di storia delle religioni’, Torino, 1970
5) Canzoniere Internazionale – op.cit. 6) 'Kalenda Maya' - Angelo Branduardi, in 'Chominciamento di gioia' - La Voce del Padrone CD,1996 e in Raimbaut de Vaqueiras, in’ Scenari: la musica dalle origini al Cinquecento’ -La Nuova Italia, 2005 7) Canzoniere Internazionale, op. cit. 8) 9) ‘Cantè Magg’, ‘Cantè i öv’ in ‘Feste calendariali e canti popolari dell’Albese’ – Gruppo Spontaneo di Magliano Alfieri – Albatros VPA 8415, 1978 10) Canzoniere Internazionale, op. cit. 11) ‘Stornelli di Questua del Maggio’, in ‘Tengo ‘no bove se chiama Rosello’, Graziella di Prospero - Fonit Cetra n.32 lpp 273, 1975 12) 13) Roberto Leydi, ‘I canti popolari italiani’, Mondadori, 1973; ‘Musica popolare e musica primitiva’, Torino-Eri, 1959 14) 15) 16) ‘Il Maggio’ in Toscana e in Emilia, in ‘Lo spettacolo popolare’, a cura di Gastone Venturelli – Albatros VPA 8411,1978 17) 'Maggiolata' in Toscana - Grosseto - Siena - vol.1 Cetra 'I Suoni' – op.cit. 18) 19) 20) ‘Cantamaggio’, in ‘Io me ne vojo andà pel mondo sperso..’ – La Macina – Madau Md =15, 1984 21) Mario Colangeli, Anna Fraschetti, ‘Feste e Sagre Popolari nel Lazio’ – Casa del Libro 1989 22) ‘Se vi assiste la memoria’, Caterina Bueno - Fonit Cetra n.28 lpp 263, 1974
Discografia:
•1974 – ‘Siam venuti a Cantarmaggio’. Canzoniere Internazionale - Fonit Cetra n.29 lpp 261 •1974 – ‘Se vi assiste la memoria’ , Caterina Bueno - Fonit Cetra n.28 lpp 263 •1975 – ‘Stornelli di Questua del Maggio’, in ‘Tengo ‘no bove se chiama Rosello’, Graziella di Prospero - Fonit Cetra n.32 lpp 273 •1978 – ‘Cantè Magg’, in ‘Feste calendariali e canti popolari dell’Albese’ – Gruppo Spontaneo di Magliano Alfieri – Albatros VPA 8415 •1978 – ‘Il Maggio’ in Toscana e in Emilia, in ‘Lo spettacolo popolare’, a cura di Gastone Venturelli – Albatros VPA 8411 •1980 - 'Maggiolata' in Toscana vol.1 - Grosseto - Siena - Cetra 'I Suoni' SU 5004 - a cura di Diego Carpitella •1984 – ‘Cantamaggio’, in ‘Io me ne vojo andà pel mondo sperso..’ – La Macina – Madau Md =15 •1988 – ‘Il Maggio’, in ‘i fioo e r’amur’, Vox Blenii – VB 375 •1989 – ‘Canti e musiche popolari dell'Appennino pavese’, in ‘I canti rituali, i balli, il piffero’, a cura di Aurelio Citelli e Giuliano Grasso -- ACB •1990 – ‘Antologia’, Ciapa Rusa — Robi Droli •1995 – ‘In festa’, Micrologus … •1996 – 'Kalenda Maya' - Angelo Branduardi, in 'Chominciamento di gioia' - La Voce del Padrone CD •2000 – Eva Tagliani. ‘La voce delle mascherate’, a cura di Aurelio Citelli e Giuliano Grasso -- ACB •2000 – ‘Ori pari Tendachent’ - Folkclub etnosuoni •2001 – ‘Balla Ghidan’, Gruppo Ricerca Popolare - Voxi de Zena •2003 – ‘Acqua foco e vento’, Riccardo Tesi e Maurizio Geri — Il manifesto •2004 – ‘Ariondassa’ - Folkclub etnosuoni •2004 – ‘Lune’- Riccardo Tesi, Maurizio Geri e Banditaliana -Suppl. de ‘Il Manifesto’ •2005 - 'Kalenda Maya', di Raimbaut de Vaqueiras, in’ Scenari: la musica dalle origini al Cinquecento’ -La Nuova Italia •2007 – ‘Sentré’ - Musiche selvagge - ACB •2008 – ‘E l'è arrivà il mese d'aprile’ Cori spontanei dell'Appennino piacentino –Soprip
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