Gianluca Corona - Le parti, 2011
Padre,
mia ferita, mio specchio -
in me un'eco al tuo pianto
ininterrotta
come il taglio scavato nel sasso,
secca
come il fossile che vegliano
decrepite, mitiche memorie.
Ascolto la tua voce sorridente
e dolorosa,
fingendo, come sempre,
solo più immobile nel vento -
vento blu cupo dell'estate
ebbra di mare
e sconfinato inganno.
Fingo un altrove a te lontano,
attenta
a non cadere nella fitta rete
che mi tessi attorno,
se gioco
con la benda che m'acceca
quando mi chiami
e - sorda - non rispondo.
≈
Non più regina
in questa buia casa,
umiliata
nel fervore dei comuni affanni,
madre,
sbatti le ali inquieta e silenziosa,
tu che irradiavi bianca
di fiero splendore
i miei tenui giorni.
Leonessa
supina al richiamo del sangue
afferri parole trepidanti
e le divori -
poi giaci cupa
all'ombra di te stessa.
Grande sfinge
di dolcezza e rancore,
albero gravido di amari fiori,
arca immobile
nella mia disfatta memoria,
ancora fiammeggi la mia vita
di deposto amore.
≈
Sei me
piccola carne,
sangue che non corse,
ma si perse -
figlia,
cuore di silenzio.
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