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Don Peppino Diana

di Lino Lista
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Pubblicato il 06/11/2010 12:18:33


Se passerete per paesi dove
spuntano come funghi le cappelle
di santi protettori e padri pii
e cristi coronati con i rovi,

dove stanno tempietti di madonne
che piangono in silenzio senza stille,
non indugiate, son pizzini a Dio,
bestemmie ed empi voti di camorre.

Dite tre Gloria Patri e pace ai morti
ma non vi soffermate sulle nicchie,
il marmo è d’ossa trite, le candele
grondano sangue come piaghe aperte;

non fatevi domande sui misteri
e non tenete troppo fissi gli occhi,
dei propri paradisi artificiali
assai sono gelosi i costruttori.

Se varcherete l’uscio di una chiesa
mentre un pastore celebra le nozze
tra guardaspalle ed abiti alla moda
con un padrino che bacia la sposa

non vi chiedete quando sarà vedova,
chi l’ordine darà che i cuori spezza
e chi dal dito strapperà la fede
per rendere un anonimo il cadavere.

Se invece incapperete in un Battesimo,
o Cresima con Prima Comunione,
non siate sospettosi dei compari
se diverrà ben presto il bimbo un orfano.

Un prete a tutto questo disse: «No!».
Vibrarono al diniego le campane,
tremarono le ville e i cascinali,
di petto un muto seppe fare il do.

Se passerete un giorno per Casale
– chiamatelo “il paese di don Diana” –
non vi fermate fuori sul sagrato
della parrocchia sua di san Nicola.

Entrate nella scena del delitto,
la polvere da sparo ancora esala,
s’odono all’alba le rivoltellate,
entrate, entrate, non abbiate fretta...


II


Aveva ricevuto per talento
da Cristo don Peppino la Parola
ma non la seppellì sotto un terreno,
la portò in giro andando senza manto,

la portò in giro ed era acuta spada
tagliente al punto che fendeva il male
– tanto che fino ad oggi porta pena
a chi patteggia e alla Camorra cede –

e dell’Altare fece una trincea
con le due sacre Pietre e coi Vangeli,
non apre porta il Cielo ai criminali
che dicono mors tua est vita mea.

Un prete, quand’è prete veramente,
è capatosta da sfiancare i muli,
perciò ci sono i santi e i missionari
che vivono di Dio, tra salmi e stenti;

don Diana apparteneva a uguale specie,
la stirpe dei profeti seccatori,
dell’omertà la nebbia diradò,
tuonò contro i padrini la sua voce.

Nella terra perduta e devastata
gridò con Isaia: «Per amore
del popol mïo io non tacerò!»,
servono preti e laici più arditi.

Lo strillo raschiò i muri dei Palazzi
del malaffare, ruppe i doppi vetri
fumé delle Mercedes dei padrini,
smacchiò coscienze con la sua chiarezza.

Nasce da riti il camorrista, segue
le processioni e in prima fila latra,
infilza un dito e cola sul santino
nei giuramenti un gocciolo di sangue,

molto devoto è a san Michele arcangelo
– ogni famiglia ha i propri santuari –
per sé ciascuno adotta una Madonna
così che l’estorsione ha il nome obolo.

Peppino il Paradiso s'era preso,
e pure pretendeva che i compari
non fossero omicidi, da Gomorra
due colpi gli spararono sul viso...


III

Sopprimere un profeta fa paura
mica per fede, per superstizione,
– fu scosso Erode Antiba dal Battista –
i designati n’ebbero terrore.

Più volte s’adunò l’orda dei lupi
ma sempre si disperse più di un cane,
restarono talune fosche bestie
con fauci colanti bava e sputi.

Il diciannove marzo, a san Giuseppe,
entrò la Morte fin dentro la chiesa:
«Chi è don Diana?». «Io!» e cinque morsi
prevennero l’offerta della Coppa,

«Chi è don Diana?». «Io!» e le canee
ringhiarono nei giorni dopo a iosa,
un quotidiano in lungo e in largo sparse
un fiele per macchiarne la nomea,

scrissero ch’era stato un camorrista,
che andava a donne e custodiva l’armi,
ch’era affiliato a un gruppo di Gomorra
– fu tra i briganti annoverato Cristo.

Per buona sorte il Tempo è galantuomo
e mitiga ogni piaga, non si ferma,
egli è buon testimone e sempre corre
appresso a Verità, la sola ch’ama;

con le sue conoscenze il Tempo è un giudice
onesto che sa leggere le croci,
don Diana concretò le predizioni,
“Luce vedrà con il tormento il martire,

avrà per premio lui le moltitudini
perché fu giusto e rese giusti i molti,
annoverato fu tra i malfattori
perché prese su sé colpe del prossimo”.

Se passerete un giorno per Casale
– chiamatelo “il paese di don Diana” –
non ascoltate l’eco degli spari
né le menzogne in bocca ai criminali,

gridate voi: «Posa non mi darò
finché Giustizia non sarà una fiamma»,
dite con don Peppino: «Per amore
del popol mïo io non tacerò!».


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