Pubblicato il 10/07/2020 02:54:50
Era partita. Aveva lasciato affiorare dalla terra il silenzio la pietra dove lasciare cadere le parole e la luce dei giorni sospesi nella veglia fino al suo ritorno. Gurdavano le mani il giungere del vuoto e ogni notte le dita sgranavano il rosario dell'attesa con una corona di battiti quasi simili ad un sordo lamento d'un marmo senza nome. Veniva con l'aria di lontano l'eco d'un tempo tormentato nelle sue ore, un lungo cammino tra due distanze, un angelo di tristezza che annunciava la gioia come l'aurora il preludio dell'alba nei propri timidi chiarori di luce tra le pieghe più oscure della notte. Era partita dal mio respiro e la vita serrava le labbra con una muta preghiera, un dolore stupito dalla mancanza, il vuoto scavava solchi nella pelle, il ventre gemeva l'attesa in una gravidanza di ore, i giorni e le notti affidati agli occhi scrutanti nella pieghe di righe d'inchiostro oracoli che leggessero il suo ritorno. Ed ora lei è qui, ne odo di nuovo la voce, soffia la sua bocca sul mio giacere tra le gravide masse della terra e rinasco al canto luminoso della sua lingua.
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