Inner City
Di ritorno nella mia città
lancio un ultimo sguardo al ponte distrutto
mi fermo davanti ad una grande porta divelta
senza i battagli portati via
la spingo oltre si apre
ricade con un tonfo secco di terrore
nero fumo denso colora le facciate delle case
che un tempo lontano furono abitate
obliterato dentro i miei ricordi.
Qui un fabbro che batte
sugli zoccoli dei cavalli
là si forgiano gli scudi e le alabarde
le spade e gli elmi
la lancia in resta e il volto coperto dalla celata
i cavalieri avanzano audaci
sopra la testa neri sparvieri e piume colorate
oscurano il cielo
volano bassi e minacciosi.
Laggiù il vento suona ancora la campana
rintocchi ora lievi ora più forti
si levano i corpi dei morti
a cento a mille e oltre
a riscattare la loro ingiusta fine
davanti alla grande porta
nella piazza deserta che s'apre sulla verità
contro chi trama nell'ombra
mendaci corrotti falsi ipocriti ruffiani.
Liberati da cinquemila anni d'inciviltà
in questo mondo estremo
che non vorremmo raccontare
con la stessa rabbia di chi non ha compreso
come gli ignavi
coloro che non sanno
che mai sapere gli è dato
compromessi rancori peregrini.
Chiusa è l'acqua delle fontane
un tempo prospera e vitale
spente hanno le fiaccole del futuro
a rischiarare il lento fumo nero che sale
sulle altissime muraglie
levate a difesa della pace di questa triste terra
di quest'isola di morti
che nell'estremo anelito le voci
tacciono per sempre.
Che vago e solitario spirito
necessita d'evasione
che grida e lamenti s'espandono ogni dove
germogli di fiori di pietra
di crocifissi appesi alle pareti
e vecchi schemi riottosi e guasti
cui il suono della campana
persa ogni speranza rammenta d'esser morti
affannati persi dietro le parole.
Ovunque macerie e fumo nero
mattoni e pietre di tombe sgretolate
non c'è pace tra gli ulivi
spezzate ormai le spade le alabarde
più non alzano bandiere
sostituite da nuove armi e munizioni
vomito di rifiuti interiori
rigurgito della società dabbene
sulla tavola resti di un lauto banchetto.
Abbondante splendido sfarzoso
di fiori secchi e coppe rovesciate
candele spente sui candelabri consumati
vassoi ricolmi di polvere
che il soffio arido del vento allontana
quando gettata via la maschera
che ti ricopre il viso ti accorgi d'aver perduto
filosofo muto dei passanti assenti
negli occhi vuoti ciechi
che vagano indifferenti.
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Giorgio Mancinelli, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.