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Mina Vagante - Auguri Vivissimi.

Argomento: Musica

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 26/03/2020 16:55:08



MINA VAGANTE
"Sei grande, grande, grande e come te sei grande solamente tu".

Con quanti nomi si può appellare un’artista ‘assoluta’ che sa catturare l’audience di milioni di fans senza apparire sulla scena da almeno 40 anni? Facendo due conti strampalati, a 40 anni aveva già pubblicato quaranta album di canzoni, e che canzoni (!); che ha doppiato nei suoi secondi 40anni pubblicando almeno un album all’anno e che, sommati, fanno 80 LP/CD di successi, e che successi (!), lasciatemelo dire, da capogiro. Per non dire degli innumerevoli ‘capolavori’ centrati dalla sua voce eclettica e straordinaria che ancora oggi, a dispetto dei suoi 80anni Mina per tutti noi che l’abbiamo vissuta e amata è considerata un’idea, e come a suo tempo ebbe a scrivere Ivano Fossati “Non può morire un idea”.

Ciò che invece possiamo dire, è che ci sono in circolazione almeno 80milioni e forse più di ‘Mina/e’ vaganti, pari al numero dei suoi album venduti. Sicuramente più di quante ne sono esplose durante le ultime guerre in giro per il mondo. Ma almeno queste non recano danno alcuno, anzi sono ‘bigné’ alla crema, di cui lei stessa è golosa. Non so quanto tutto questo sia vero, se non altro perché di danni le sue canzoni ne hanno combinati non pochi, se non altro perché hanno smosso i sentimenti di altrettanti milioni di cuori infranti che, nel bene e nel male, hanno trovato e distrutto corrispondenze affettive.

Né, d’altronde, si può prendersela con gli autori delle sue canzoni senza esimersi dal constatare l’affinità tematicamente forte di adesione lirico-musicale in cui si raccontano storie ostacolate o di abbandoni sentimentali. In esse è fondante l’effetto insito nel suo modo di cantare e l’uso della voce tecnicamente invasiva, che si sprigiona dalle proprie corde emozionali e proiezioni ‘espressive’ di sicura presa sull’immaginario del pubblico al quale si rivolgono, e d’altro aspetto con i mutamenti delle forme e delle modalità del consumo discografico. Come è dimostrato dal “mina.live” registrato a “Bussoladomani” secondo una moda di quegli anni e che ha visto l’abbandono dalle scene dell’artista.

È lecito chiedersi perché Mina eserciti un così grande carisma nell’ambito canzonettistico italiano e non solo? O anche come e soprattutto perché così numerose schiere di ‘iniziati’ si siano convertite al culto della sua stravaganza? A voler dire alla sua personalità, professionalmente rigorosa, la cui voce riesce a imporre un tale fascino e una sensualità così imperante da autentica ‘regina’ di un popolo di alieni abitanti di una indubbia galassia di estimatori. Indubbiamente una risposta c’è, anzi più d’una, diverse e contrastanti. Che lo crediate o no, nell’intenzione di configurare il prototipo Mina mi sono rivolto alla schiera esorbitante dei suoi ‘consumatori’, i quali hanno dato più o meno una identica risposta:

«Praticamente perché è ‘una voce per tutte le stagioni’», «..perché dall’età di 10 a 100 anni ci si rivolge a Lei per fare regali a se stessi», «..perché dice ciò non si ha il coraggio di dire», «..affinché ci si lasci trascinare in una qualche storia impossibile da vivere sulla propria pelle».

Ma altre risposte provengono dalle parole di quanti si farebbero straziare il cuore, per vivere una così ‘grande, grande, grande’ emozione e almeno un’altra domanda: «Quale uomo o donna non vorrebbe lasciarsi coinvolgere in una ‘passione’ così profonda, e ‘ancora, ancora, ancora’ donarsi per l’eternità dei propri giorni?» Per cui si noti come i riferimenti non siano propriamente casuali, e che quasi sembra di sentire sulla propria pelle che stiamo parlando di una ‘love-affair’, non è forse così? Ma non provate neppure a dare altre risposte perché suonerebbero false. In realtà ogni animo sensibile trova nella voce accattivante di Mina la propria sensibilità nascosta e/o palese che sia, il proprio modello di mondanità. Vuoi per aver consumato ‘scandali’ procurati senza volerlo, e per certe sue esibizioni ‘eclatanti’ addirittura censurate, che l’hanno vista tirarsi fuori dalle convenzioni di una società che fin dai suoi inizi gli andava stretta. Tali che si può ben dire di aver contrassegnato un’epoca in cui la ‘libertà femminile’ reclamava il proprio diritto di esistere come ente a sé stante, e di essere considerata dall’altro sesso, quello maschile, capace di una sensibilità emozionale forte, forse più forte di come fino allora esposta.

È vero, in certi casi l’abbiamo vista esporsi quale feticcio da ‘baraccone’ cui sono seguite infinite brutte imitazioni, non senza però una punta d’invidia da parte di chi, in qualche modo, desiderava sostituirsi a lei. Per non dire delle molteplici quanto orrende parodie dei suoi modi di esprimersi nel cantare: dall’uso delle mani e del corpo, fino ai ‘vezzi’ delle sue labbra mentre canta; anche e, soprattutto, senza avere né la sua estensione vocale, né la sua capacità interpretativa, e neppure le sue qualità oltremodo sensuali e spiritosamente gay. “E se domani…” canta Mina ancora dopo 40 anni, ma nessuna delle sue imitatrici nel frattempo ha oscurato il suo ‘domani’.

Notevolmente sofisticata in certe apparizioni televisive di show che hanno fatto epoca, Mina è comunque una ‘diva senza esserlo’, ritraendosi piuttosto che apparire promotrice di una certa mondanità, la cui assenza dalla scena non ha fatto altro che accrescere la sua popolarità e, immancabilmente i pettegolezzi sul suo conto. Sì che viceversa una ‘diva’ di celluloide di solito sollecita, e in qualche modo sostiene, tutto ciò che rende ‘glamour’ la propria esistenza. Lei no, la sua personalità malgrado la sua timidezza, s’impone visivamente all’occhio del pubblico attraverso le copertine decisamente ‘artistiche’ dei suoi album.

È così che abbiamo appreso ad apprezzarla nell’insolita quanto originale veste grafica creata dal suo ‘personal designer’ Luciano Tallarini che negli anni ’80 ha sorprendentemente magnetizzato la sua figura d’interprete, presentandola ogni volta diversa ma pur sempre all’altezza della situazione: si pensi al doppio album “Salomé” in cui Mina appare con la barba, la cui veste grafica accresce il suo prestigio artistico, creando un aspettativa ulteriore nei fans che ogni volta l’accoglievano con effetto ‘sorpresa’. Fu quello uno dei tanti appuntamenti ‘di classe’ a cui Mina ci ha abituati, per la felicità di noi estimatori, con la sua voce eclettica, la cui estensione supera di gran lunga la scala musicale.

Per una ‘Salomè’ con la barba Erode avrebbe fatto decapitare (con rispetto parlando) cento Giovanni Battista, e che si può definire la migliore trovata pubblicitaria di quell’anno 1981. Ma a un altro artista, questa volta un affermato visagist, che va attribuito il plauso delle molteplici trasformazioni, ‘vere e proprie metamorfosi’, in cui l’abbiamo spesso ammirata: Stefano Anselmi, già curatore sul set di Federico Fellini ed di altri importanti registi del cinema che re-inventa il suo ‘look’ rendendola di volta in volta inedita e soprendente.

Quella stessa Mina apprezzata interprete di brani del reportorio italiano e internazionale, quai ad esempio: “Walk on by” di Burt Bacharach e “Tu sarai la mia voce” versione italiana “Put the weight on my shoulders” di Gino Vannelli. E ancora più entusiasticamente “Verde Luna”, “Tres palabras” ed “Esperame en el cielo” prese dal repertorio sudamericano, come farà anche in seguito interpretando canzoni in brasiliano di Cicho Buarque e di altri. Inoltre ai nuovi brani contenuti in questo straordinario doppio-album, appositamente scritti per lei da Andrea Lo Vecchio, Paolo Conte, Bruno Lauzi, Edoardo De Angelis ed altre arrangiate dal figlio Massimiliano Pani.

Per quanto non si è ancora qui parlato di un altro album “Attila”, la cui ironia sottile della copertina, in cui ‘Lei’ appare completamente ‘calva’, che ci permette di pregustare, quasi a livello epidermico, l’interessante quanto stravolgente contenuto di una Mina-disco-music. 18 brani più o meno classici e tuttavia mai apparsi prima, calibrati sulle sue qualità ed estensione vocale da compositori e poeti quali: Bardotti, Shapiro, F. Monti Arduini, Malgioglio, Cantarelli che portano nella canzone italiana una ventata di fresco e di attualità con i tempi.

Brani quali: “Street Angel”, “Anche tu”, “Ma ci pensi”, e quella “Anche un uomo” che furono la colonna sonora dell’anno 1980, interpretate da Mina volta a superare il clichè canoro tradizionale con matura intelligenza interpretativa. Si pensi che “Attila” già a poche settimane dalla sua uscita, realizzò l’esaurirsi delle scorte, sì che la casa discografica PDU, fu costretta a rivolgersi ad altri per la stampa dei dischi, ammettendo di non farcela ad esaudire la richiesta del mercato. Ma era quella una Mina vestita a nuovo che malgrado le sue rare apparizioni sugli schermi televisivi, ancora una volta centrava l’obiettivo del successo, e che tutte le Radio, cresciute a dismisura, proponevano a tutto spiano per il piacere di un pubblico fedele al suo mito che le dimostrava così il suo affetto incontrastato.

Nel frattempo ‘Lei’ la cantante per eccellenza, conosciuta oltreoceano quasi senza mai muoversi da casa, conquistava paesi e continenti, tanto da essere considerata all’altezza, se non più grande, di tante star internazionali. E questo solo perché non ha mai voluto prendere un aereo; non ha mai smesso di cucinarsi le ‘frittelle’ con le quali soddisfa la sua inconsueta golosità; così come di catturare i suoi uomini e/o scegliere i suoi compagni di viaggio nelle sue performance televisive. Scusate se è poco, potendo lo ha fatto, tenendo fede alla sua interdipendenza che ancora oggi non le permette di sottomettersi alle astruse volontà degli altri: creatori di eventi, imprenditori ed esercenti di media; e non solo perché ha accumulato una fortuna di cui non tiene neppure conto, ma perché infine è rimasta se stessa, semplicemente Mina, con la sua preponderante personalità che riesce ancora, e sempre, a creare con la sua voce un’atmosfera autentica e ‘paradisiaca’ che riesce a dare a tutti i suoi risvolti. Paradisiaca come il titolo del suo album del 2018 intitolato “Paradiso – Lucio Battisti Songbook”, contenente le versioni più sofisticate dell’autore, e interpretate da Mina con la solita voce esaustiva incredibile e inarrivabile come solo lei riesce a fare.

Un discorso a parte va qui fatto riguardo alle molte interpretazioni di vecchi e nuovi brani del panorama canoro italiano: dai successi sanremesi da Lei reinterpretati con intelligente maestria vocale, ai successivi “Mina in studio”, “Mina canto o Brasil”, “Sorelle Lumiere” e “Veleno” con lo strepitoso “Succhiando l’uva” di Zucchero e altri brani di autori come Bruno Lauzi “Certe cose si fanno”, Daniele Silvestri “La seconda a sinistra”, Renato Zero “Che fatica”, Samuele Bersani “In percentuale” e Ivano Fossati “Notturno delle tre”.

Quant’altro ci sarebbe da dire a riguardo dei molti cantautori che hanno duettato con Lei, a incominciare dallo strepitoso Adriano Centano che recentemente con “Le migliori” tanto ci ha divertito e strabiliato; per parlare poi dell’incommensurabile Enzo Jannacci; delle re-interpretazioni di brani di Domenico Modugno, Lucio Dalla, Luigi Tenco, Pino Donaggio, Roberto Vecchioni, De André, Renato Zero, Cristiano Malgioglio, Zucchero Fornaciari, e dell’ultimissimo album in ordine di uscita in duo “Mina Fossati” da cui “L’infinito di stelle”, “Luna diamante” e "Meraviglioso, tutto qui” entrati a far parte della colonna sonora del film di Ferzan Ozpetec “La dea fortuna”.

Così come non vanno assolutamente i due album dedicati alla canzone napoletana dei quali nessuno in questi giorni di grande afflato amoroso da parte dei fans per il suo ‘compleanno’ ha lasciato trapelare almeno la conoscenza. E dire che appena agli inizi, nell'ormai lontano passato, Mina aveva dedicato alla canzone partenopea almene due o tre album indimenticabili.

Mi riferisco in particolare allo speciale ‘Mina - ieri & oggi’, andato in onda su Rete4, condotto dal pur capace e bravissimo Mauro Coruzzi (in arte Platinette), co-fondatore del Mina Fan Club, che insieme a Paolo Piccioli ci hanno regalato uno splendido spaccato di una Mina per certi versi ‘inedita’. Tuttavia ritengo non si possa restare indifferenti nell’ascolto dei due album dedicati a “Napoli” e “Napoli secondo estratto”, nei quali Mina interpreta in modo straordinario vecchie e nuove canzoni del repertorio napoletano: “Amaro è ‘o bene” di Sergio Bruni, insieme a “Napule è” e “Je sto vicino a te” di Pino Daniele e la struggente “Indifferentemente” di Martucci-Mazzocco, e tanti altri reinterpretati per l'occasione come: Bovio, Di Giacomo, Russo, Di Capua, E.A.Mario, fino a “O cuntrario è l’ammore” tratto da “Crisantemi” di Giacomo Puccini. Per quanto va assolutamente ricordata l’accorata “Lacreme Napulitane” inserita nel già citato album “Mina. Live”. Ma voglio qui ricordare un album passato un po’ sottotono come “Dalla Terra” in cui Mina si cimenta con 'brani sacri’ alcuni in napoletano ed altri cantati in latino: “Voi ch’amate lo criatore” tratto dal “Laudario di Cortona” del XIII secolo, accompagnata al pianoforte da Danilo Rea e “Quanno nascette Ninno” di Sant’Alfonso de’ Liguori, insieme a brani di Pergolesi, Chiaravalle, Monteverdi, e Gounod nella chiarissima “Ave Maria”.

Un particolare apprezzamento va fatto per “Volevo scriverti nonostante tutto” di Pulli-Ferrara contenuto nell’album “Maeba Mina” del 2018, inoltre al duetto “A Minestrina” di e con Paolo Conte, nonché quello con Davide Dileo in “Un soffio”. Mentre tra gli autori è impossibile non notare la presenza di Paolo Limiti che ha firmato “Il mio amore disperato”, e nel tempo altri grandi successi interpretati magistralmente da Mina. Inserite in questo album troviamo inoltre “Last Christmas” dei Wham e “Heartbreak Hotel” cavallo di battaglia del mai compianto sufficientemente Elvis Presley.

Per quanto splendidamente concepito nell’ultimissimo “Mina Fossati” i due sembrano fare a gara nel voler riproporre un ‘melò’ musicale patinato che ricalca l’avventura biografica e individuale, riconoscibile nell’ombra stilistica e romantica dell’autore Ivano Fossati. Si può tentare di definire un tale ‘valore emotivo’? Certamente sì. Anche se non mi sembra il caso di ripercorrere qui le tappe di questo cantautore apprezzato ma in qualche modo anche contrastato, ‘perché difficile’, del panorama musicale italiano. Per quanto, va detto, la voce imprevedibilmente ‘chiara’ (a questa età) di Mina fa rifulgere anche i testi più artificiosi, benché carichi di tensione emotiva.

Anzitutto va fatta luce su un punto essenziale ancora non espresso del rapporto fra Mina e il pubblico, non esclusivamente quello dei suoi ammiratori quali siamo, riguardo alla sua capacità di distribuire ‘piacere’ a chiunque si metta in ascolto; di riempire la ditanza che c’è fra la sua ‘voce’ e l’intera ‘auidiece’, rendendoci partecipi di una realtà vissuta in maniera autentica per quanto virtuale, del suo e del nostro esserci. Ciascuno di noi ascoltandola cantare è infatti un po’ meno solo, come dire prende a carico la sua voce come esperienza di sé e della propria necessitudine di vivere.

Grazie Mina, e tantissimi affettuosi auguri: “Sei grande, grande, grande, e come te sei grande solamente tu”.


Un tuo fan da sempre perso nei meandri della tua voce intensa.

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