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Nella tela del ragno

di Maddalena Benfatto
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Pubblicato il 08/11/2010 16:42:27

Una terra misteriosa, il Salento.
Lungo la strada paesini dalle case bianche; l’Ulivo, interprete di questa terra, ti osserva passare mosso dal vento caldo d’agosto. Il profumo dell’aria, un misto di aromi che inebria. Il turismo un po’ modifica il paesaggio dal tempo dei paesi silenziosi di soli pescatori. Cammino sulla passeggiata, in mezzo ai ragazzi del posto, tra i loro sguardi invadenti. Ad un certo punto come un topolino attratto dal pifferaio magico, vengo trasportata verso l’interno del paese da una musica strana, percorro le antiche stradine ciottolate, fino alla piazza, qui tavolini tutt’intorno, aromi di carne alla brace, verdure mantecate, gente che ride e brinda, più in là un’orchestra sul palco suona una canzone tipica, la cantante emana suoni incomprensibili aiutata dalle sue nacchere mentre, a tempo, due tamburellisti incitano i ballerini, la chitarra e la fisarmonica completano l’armonia di quella danza antica. Con le mani anch’io tengo il ritmo, ho lo sguardo fisso sui tamburelli, su uno v’è disegnato un ragno e sull’altro la ragnatela. Senza accorgermene vengo attirata nella tela, inizio a muovermi e a dimenarmi, sono scalza, i capelli sciolti, con la gonna lunga tra le mani, batto i piedi, poi porto le mani in alto e giro su me stessa. Ad un certo punto mi sento strappare il foulard rosso che avevo attorno al collo, mi volto, un ragazzo con i pantaloni neri e una larga camicia bianca mi sorride e mi provoca, mi incita a riprendere il foulard, sto al gioco e inizio così la mia danza seducente. Lui è il ragno, io la sua preda, e il foulard la ragnatela dove vorrebbe imprigionarmi. Il ritmo è sempre più incalzante, attorno a noi altri stanno ballando, ognuno imprigionato nella sua tela, ma a me pare d’essere sola con il mio ragno misterioso. Non so se a rapirmi sia più la musica o i suoi occhi di un azzurro intenso che esprimono un inestricabile segreto e, al contempo, pace e serenità, una pace e una serenità che non mi sentivo addosso da ormai troppo tempo.
Dal giorno che sono andata a vivere in città, lavorando più di dieci ore al giorno, la calma e la tranquillità non facevano più parte della mia vita. Ma lì in quella piazza, quella notte di luna piena, ero tornata me stessa e così sarei voluta rimanere per sempre.
Ora sono qui nella mia stanza, attraverso i vetri vedo la mia città, la pioggia insistente non dà tregua ai bambini sotto il portico con in mano il loro pallone.
Ad un certo punto il suono di una risata al ritmo di un tamburello attira la mia attenzione, mi sposto nell’altra stanza, sono sulla soglia, appoggiata alla porta, e vedo che il mio ragno misterioso ha attirato un’altra preda nella sua ragnatela, quando ormai è sicuro d’averla in pugno, lei, con una mossa inaspettata si libera e corre verso di me, mi salta in brac-cio ridendo orgogliosa, annodandomi al collo il foulard rosso!

[ Finalista al Premio Chatwin, edizione 2009 ]

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