Pubblicato il 05/10/2021 19:04:58
“Figure semplici” una silloge poetica di Anna Chiara Peduzzi – Anterem Edizioni 2021 – con una riflessione critica di Giorgio Bonacini.
C’è un’adeguata finitezza delle parole che dell’essenza varca il limine del dire, spuria finanche della grafia che la distingue e/o del suono che ne ottempera l’afflato. Nel suo divenire, pur nel vuoto subliminale che l’accoglie, se tratte dalla profondità simbiotica del linguaggio, ecco aspirano a un primario connubio verbale, onde risalire dal profondo i negati meandri del senso. Come di riflesso transitorio, in/organico e residuale, di materia gassosa e/o secrezione liquida evaporata nell’incesto mentale che le ha concepite, e che, per effetto transitorio di adattamento al cambiamento, assumono significato di ‘assenza nella presenza’…
Non dette non esistono le cose o esistono di meno restano inoffensive ad aspettare sgretolate dal dubbio che le erode mezze realtà di incerto statuto di malavoglia ogni tanto visitate …
Inevitabile pensare alla presenza di una certa finitezza che investe il ‘profondo esistenziale’ dell’autrice; a un’anamnesi personale transiente e resiliente dalla resa iperrealistica: fisiologica e patologica della realtà, onde costruire e/o ricostruire, seppure a livello inconscio, l’illusione organica dei propri trascorsi. Quel dialogo ‘secretum’ che Anna Chiara Peduzzi pur rivela, non senza qualche esitazione, nella sua silloge poetica “Figure Semplici”, recentemente pubblicato da Anterem Edizioni. Si è messi qui di fronte a una forma del ‘dire’: limite e/o soglia di quell’addivenire che, in senso figurato, ognuno raramente espone al giudizio altrui …
Parla compitando la voce che s’affonda senza accento di luogo e si alloggia nel dialogo dei vivi …
Più che di ‘figure semplici’ si è qui proiettati nel mezzo di ‘forme composite’ di un dialogare presente, la cui materia biologica è strutturale, di collegamento e sostegno alla finitezza umana, corporea ed epidermica, emozionale e sensibile, sostenuta dall’afflato umorale percettivo, conoscitivo e/o intuitivo, che elabora le possibili varianti apprensive: ansietà, preoccupazione, sofferenza, inquietudine; ma anche sentimento, passione, e quella finitezza d’amore che ciascuna parola porta con sé, vissuta o da vivere fino allo spasimo, fino alla fine dei giorni, come … in altro luogo la nutrice / che sazia questa fame.
Dov’è come si forma la cosa che di noi non ha bisogno per apparire e imprimersi …
L’imprinting alla finitezza d’amore è qui di seguito dato dalla sequenza a-ballo dei sistri suonati dal vento, dalla sabbia (o forse la polvere) sollevata dai piedi scalzi delle parole sussurrate, udite (?), in una notte d’estate, e volate via nei versi di una canzone che, se non direttamente, riguarda la presenza di (noi) protagonisti, fantasmi di noi stessi …
All’improvviso accampata intorno al fuoco di inaudite parole scintillanti aggredisce il silenzio e fa irruzione come un vento caldo che spalanca le rime doppie il suono dei metalli così della fiamma iniziale non resta che l’assenza nell’incavo dei versi rifiutati l’eccidio dei pronomi personali.
Allora cos’è che manca al compimento di un sentimento che pure dimostra tutta la sua finitezza: è forse il tenace istinto che lo trattiene, l’incompiutezza della perfezione o l’illimitatezza dell’infinità, che dietro la varianza rivela / l’incessante lavoro di diairesi? No, nessuna, o forse tutti i distinguo possibili, insiti dietro un’emozione che da sola enumera il multiplo e l’immenso, /… / contro l’idea che si sdoppia / che sempre è ed era …
Una parola sola occupa la mente liquida come un fiume che al passaggio tutto travolge e filtra in ogni anfratto lasciando oggetti sparsi campi invasi mulinello che ingurgita il presente nel disordine nuovo delle stanze dove il pensiero fluttua impotente finché nel tempo saturo tutto poi tace …
Come di frattali tendenti all’infinito che elaborano similitudini di se stessi, sfrangiati schemi d’infiorescenze pandemiche, ogni punto in esatta rispondenza, […] non mentono un’eternità promessa / saranno pulviscolo molecolare / informi scarti / nella generale dispersione …
Dov’è come si forma / la cosa che di noi non ha bisogno / per apparire e imprimersi (?) … si chiede ancora l’autrice/protagonista del libello, nel ricercare la ragione del suo sentire, la finitezza di senso impressa sulla carta, come a voler imprimere sulla sabbia il proprio estemporaneo ‘io’, ben sapendo che il vento e il tempo cancelleranno ogni residuale esistenza delle parole …
Dicono il tempo fattore d’incostanza aberrazione dal piano intelligente come deriva dei gravi verso oriente che ci trascina ignari tra stagioni ma nessun argomento mostra o spiega quella freccia che manca il suo bersaglio le fermate ai bordi della strada non è il carattere che guida il nostro passo ma agitazione di cellule e membrane e inesaudito resta allora il voto che in terra imprima un’orma disuguale.
“Figure semplici” di Anna Chiara Peduzzi è il XXXIV° volume della collezione La Ricerca Letteraria diretta da Ranieri Teti, vincitrice della sezione storica del Premio Lorenzo Montano - Anterem Edizioni 2021. L’autrice laureata in Filosofia a Milano e in lingue straniere e traduzione a Parigi, lavora e collabora a riviste italiane e francesi, come traduttrice per organismi pubblici francesi e internazionali. Interviene in seminari di traduzione specialistica presso università e istituti di formazione dell’Unione Europea.
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