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Pedalando sulle grave

di Alessandro Carnier
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Pubblicato il 16/10/2021 07:46:12

 

Luca aveva raggiunto i quarantacinque anni d’età e, come da diverso tempo non faceva più, era sceso in garage indossando la tenuta sportiva da mountain bike. La sera prima aveva pulito meticolosamente, oliato ed ingrassato la sua mtb.

Erano le cinque del mattino, l’ora in cui di solito partiva in auto per iniziare il suo turno in fabbrica. Ma quel giorno Luca, per gli amici “Pornostar”, non sarebbe andato a lavorare. Era domenica e lunedì sarebbe stato il primo giorno di cassa integrazione.

L’appellativo di “Pornostar” lo aveva acquisito durante la sporadica partecipazione a qualche film hard di scarso successo, dopo di che aveva deciso di ritornare in fabbrica. Luca ricordava perfettamente i momenti del suo primo giorno di lavoro in fabbrica, quando i suoi colleghi gli chiesero se veramente era proprio lui, l’attore porno?

A quella domanda non sapeva mai cosa rispondere, ma col tempo finiva per ammetterlo. Dovette così sopportare, per un lungo periodo, il curiosare delle operaie che durante le pause di lavoro, venivano a spiarlo in reparto.

Col tempo la situazione era venuta a cambiare e si era fatto apprezzare. Dopo qualche anno gli fu proposto di fare il delegato sindacale, e lui aveva accettato. Successivamente era entrato nel direttivo sindacale, al contrario di altri delegati, continuava a svolgere le sue mansioni lavorative senza aver chiesto di essere assegnato a un turno meno gravoso. Godeva di rispetto poiché il suo nome non risultava scritto sui muri dei bagni accompagnato da scritte ingiuriose.

Luca aveva deciso di inaugurare l'ultima domenica prima della cassa integrazione con un bel giro in bicicletta. Afferrò la bici per il manubrio, la portò in strada, inforcò gli occhiali da sole ed iniziò a pedalare scioltamente dirigendosi verso le montagne. Un tempo avrebbe caricato la bici in auto per evitare il traffico del tratto di strada asfaltata in pianura, ma quel giorno decise di fare diversamente, di percorrere cioè in direzione nord tutta la pianura per poi scendere sul greto del fiume ed accedere all’alveo ghiaioso, rovente se sotto il sole del solleone, che si dilatava in entrambi i lati in vaste aree pianeggianti, ricoperte dalla caratteristica vegetazione delle steppe. In quel luogo isolato il fiume, che scendeva dalle montagne ad ovest, scorreva sotterraneo per riemergere una decina di chilometri più a valle poco prima della città.

Percorrendo le strade asfaltate fuori dalla cintura cittadina respirò a pieni polmoni l’aria buona e rinfrescata mattutina della pianura rigogliosa, non ancora inquinata dal traffico degli automezzi, e si ritenne fortunato di avere svenduto la sua potente moto, pagata a rate con grandi sacrifici. Ora non era più nelle condizioni di potersi permettere l’auto decappottabile ed anche la moto. Ma pedalando considerò positivamente quella privazione. Aveva ripreso un movimento sano. La fatica avrebbe contribuito a smaltire le delusioni delle numerose e inconcludenti riunioni in fabbrica che non erano servite a migliorare le condizioni lavorative ed a salvare dei posti di lavoro. Molti suoi colleghi erano stati licenziati ed i superstiti si ritrovavano, come lui, in cassa integrazione.

La lieve pendenza della strada costrinse Luca a innestare un rapporto di marcia più corto, non voleva strafare, erano diversi anni che non montava in bicicletta. Luca aveva dovuto superare diverse rotonde che, in precedenza, non c’erano. Il tracciato stradale più o meno rettilineo con le ampie curve che un tempo solcava i campi e i prati, aveva subito una trasformazione. Ai lati della strada piste ciclabili vuote e perciò inutili e una miriade di cartelli stradali avevano finito per assorbire gli spazi delle aree verdi e da qualche tempo, attraverso la stampa, emergevano le speculazioni che ne avevano motivato la realizzazione, smascherate da indagini dei magistrati sulla base di denunce. I nomi di politici ed imprenditori, posti sotto accusa, risultavano bene evidenziati sui titoli dei quotidiani.

Luca, lungo il tragitto, si rese conto dell’esistenza di tre enormi ipermercati con estesi parcheggi. Anni fa, ai bordi di quella strada, dove ora sorgevano quei complessi commerciali, amava sostare per una breve pausa, all’ombra di piante, e ora quelle macchie verdi erano scomparse. Stante la crisi economica, che costringeva negozi e stabilimenti industriali a chiudere, si chiedeva come avrebbero fatto a sopravvivere quegli ipermercati la cui realizzazione aveva comportato costi elevati difficilmente ammortizzabili attraverso le regole di bilancio, per cui tali massicci investimenti finanziari sollevavano degli interrogativi a cui non si trovava risposta. Si trattava dell’impiego di grossi movimenti di denaro il cui fine era forse motivato da scopi diversi dall’effettivo esercizio commerciale…

Luca era giunto finalmente all’altezza della lunga discesa che immetteva all’imboccatura di un vecchio ponte. Arrestò i pedali e la percorse dolcemente levando le mani dalle manopole e rizzando la schiena, stirando i muscoli provati dalla fissa posizione reclinata in avanti.

Oltrepassata una cava d’estrazione di ghiaia sulla destra, Luca ripresa a pedalare per superare il ponte, poi giunto all’altezza di un segnale di località mediante tabella, tutta arrugginita, premette la leva dei freni poco prima di imboccare una stradina sterrata. Era giunto finalmente nel suo elemento, le grave. Aggirò delle vaste pozze d’acqua piovana che in questa prima parte della strada sterrata s’incontravano dopo le piogge.

Su quella strada era difficile incontrare qualcuno ed era proprio questa la condizione di solitudine e di silenzio che Luca amava: una specie di grande deserto di sassi, muschio, licheni, con alternanze nelle aree laterali di vasti aridi prati, su un’estensione di chilometri e chilometri quadrati.

Dopo una ventina di minuti si arrestò alla vista di ampi teli verdi che sembravano stesi a coprire qualcosa da occultare e, accanto agli stessi, un cartello rosso con stampata, al centro, la lettera A. Si trattava di un deposito di amianto. Luca provò un sentimento di disapprovazione e di disgusto seguito da una smorfia. Pensava a come, oggi, poteva coesistere una discarica di amianto, a norma di legge, pericolosissima per la salute pubblica, collocata vicino ad una riserva naturalistica segnalata con tanto di cartelli esplicativi sulle specie faunistiche e vegetali rare, presenti in quell’area. Gli era noto che le associazioni naturalistiche si erano opposte in più modi alla realizzazione di questi depositi di materiale inquinanti. Sapeva anche che l’area delle grave era stata indicata da una speciale commissione ministeriale per costruire una centrale nucleare ma che di tale progetto non se n’era saputo più niente, dopo l’incidente d Fukushima in Giappone. Gli esponenti politici del progetto avevano pensato bene di seppellirlo stante la circostanza di imminenti elezioni.

Luca pensò che l’immagine dei teli verdi, che coprivano materiali inquinanti, non sarebbe stata facilmente rimossa, per cui avrebbe finito per diventare una componente del paesaggio.

La luce del pomeriggio inoltrato riverberata dal biancore della ghiaia era ancora accecante, in cielo volteggiava un falco e Luca guardandolo avrebbe voluto essere al suo posto e librarsi in quel cielo blu, senza alcuna preoccupazione. Il mondo della produzione e del consumo in cui si trovava immerso, si stava disgregando ad una velocità impensabile. Certo, la casa e l’auto erano utili per una vita comoda. Ma con la bicicletta… anche una semplice bicicletta, di quelle vecchie e arrugginite con una pompa e una camera d’aria di scorta e qualche piccolo attrezzo, potevi andare dove volevi, macinare chilometri ed attraversare anche continenti. Questo era ciò che Luca pensava guardando la linea sottile che all’orizzonte divideva il cielo dalla terra in quel luogo di silenzio dall’antico profumo di steppa.

 

di Alessandro Carnier

27 giugno 2013

 

 


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