Pubblicato il 27/01/2012 15:06:52
Biondi campi di grano ad accompagnare il passo verso la sconfinata foresta.
La balalaika geme triste dall’ isbà nel ricordo d’un evanescente giorno di festa.
Il mormorio argenteo del Don, il triste canto degli alpini, la solitaria penna nera in testa.
Dove sono finiti tutti i fiori, dispersi dalla guerra, dall’oblio e dal vento, dove palpitavano al tramonto quei cuori, stelle malinconiche nel firmamento.
Nei dolenti declivi di Russia si sono oscurate. Velato di plumbea morte l’orizzonte, via si parte e più non si torna dal fronte, dal dedalo delle foreste innevate.
E poi l’urlo del vento dell’est, il generale inverno senza clemenza, il passo stanco di chi nella neve claudicante arranca e resta.
Una coltre di neve a vegliare il sonno degli alpini, parole in ghiaccio ammutolite d’un non ritorno a casa, un miraggio nella tormenta troppo lontano, la canzone d’un perduto giorno di festa un sogno assiderato nel sonno d’un campo di grano.
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