Dimmi
che nome ha
la tua vena portante?
Dove si sparge il quadrifoglio sempre vergine delle tue ghirlande?
La felicità a stratti è plausibile
la masticano in ghiandole i mastini del sabato sera.
La praticano i califfi dell'altamarea
definizione da capitani di corvetta
a mezz'asta l'alza bandiera, trionfa la gravità a forma di mela
che cade in testa giusto in tempo per la freccia.
E' incandescente la materia viva del mio vibrare
garrota la giugulare, stringe i morsetti della camicia di forza
se mi cambia il corpo vengo a prenderti
a reclamare la mia parte in brani
con la tecnica industriale del colpo di grazia
ferito a morte di tue mancate lusinghe:
i seni, il collo, le cosce.
Con la pochezza dei miei mezzi, sempre adatto alla falce
sua maestà non mi desidera, la principessa scalza, cosparsa di luce.
Al mio collasso gorgheggiano le lucignole intrise di mastice
a gole chiuse, perforati i polmoni da chiodi d'avorio
il succo incluso nel prezzo e il resto da decidere a frasi fatte.
Mi senti? Sto gridando da un pezzo
i giunti che cedono lungo la dorsale
la fierezza indivisibile del mio stare male non ha niente a cui spartire.
A
lavorare
ah
lavorare.
Perchè si sogna con i muscoli, con i tendini, con le vene
i bulbi oculari sono solo i nuclei
fotosintesi delle mie tenebre.
C'è un certo piacere nel rinascere senza di me
Che dici?
Come vento che s'alza su di sè
per confondere le acque rotte
abbagliate da una strana intensità, è la realtà che ci distrugge
un crescendo, un vortice che tutto crede di sapere tra le righe.
Piena di dubbi, tenendosi di spalle a tutto questo esplodere
farsi saltare in aria per avere ragione delle nuvole.
Ma sono a piede libero, sto tornando a piede libero.
Riscrivo le regole del giogo per arare il cielo del tuo ventre
sorprenderti nel sonno con tutte le cerimonie.
"A,B,C, prima che sia mezzodì" e torno ad ardere
d'un solo fuoco.
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