E se ci fosse un dio nascosto
tra le cose, dentro lo spazio che
unisce e separa, dove
si legge la fine che abbraccia
il bordo nuovo di una seconda vita
fatta di legno, sale e lacrime,
di chiodi mai conficcati,
nella certezza tra tavolo e sedia,
caviglia e sogni, una crepa sottile
per nominare i giorni.
E se mai provassi a tendere la mano,
come un vecchio marinaio
dentro al vento di levante, dentro
- la santa pelle del mondo,
nel tempo luminoso che nascevi
e quello in cui anche tu morirai,
senza il moto e la certezza, solo
un punto esatto dell’addio che viene
improvviso e strappa.
Allora prova a invocare quello stare
- dritto davanti ai giorni, senza
chiedere, solo per un gesto
- ah, il gesto che abbraccia!
Muta ancora nel vento la presenza,
la vita dentro le vene
e scorre e viene tutto, proprio tutto
solo nel gran silenzio
dove il tempo separa e taglia
il numero dei giorni, il conto degli andati
e dio è un dio piccolo di pane e buio,
come le figurine del presepe, come
la ragazza senza più sorriso, eppure
- salva, nel dolore,
e il vento che parla di onde,
di ombre che vengono e ancora
vanno…