Postille antiidilliche per gli Haiku alfabetici di Mariella Bettarini
Il ramo e la foglia edizioni © 2021
1. Introibo. Conosco Mariella Bettarini dagli anni ’90. Si crede di conoscere bene un’autrice arrivata alla soglia degli ottant’anni, ma poi arriva un libro di haiku, pubblicato da una piccola e coraggiosa casa editrice, e la sorpresa è tanta.
Poiché l’haiku appartiene a una cultura così distante e diversa come quella giapponese, il rischio inevitabile è l’imitazione senza originalità.
Da noi i fatidici tre versi dell’haiku (grosso modo nella successione quinario-settenario-quinario) sono stati quasi sempre travisati e ridotti a idillio più o meno struggente, poco a che vedere con l’haiku originale, incentrato innanzitutto su un rigoroso riferimento stagionale (il kigo), di seguito sulla presenza di un termine (il kireij) che disarticola l’andamento logico-sintattico, producendo una struttura anti-sillogistica. Va precisato che il sillogismo aristotelico (il ragionamento scientifico) è al fondamento del modo di pensare e di respirare dell’intellettuale occidentale. Il terzo elemento infine da considerare concerne la determinazione del compositore di haiku verso l’universale: l‘armonia con la natura, il divenire ineluttabile degli esseri, la contemplazione della bellezza delle piccole cose, la condivisione della sorte umana, sentimenti e concetti che nella lingua giapponese corrispondono agli haijin (entità spirituali e materiali).
Ebbene Mariella Bettarini con i suoi Haiku alfabetici (26 lettere contenenti ciascuna cinque strofe per un totale di 130 composizioni) da un lato getta un ponte solido verso il lontano oriente, dimostrando di saper cogliere l’essenzialità di una specifica tradizione poetica; dall’altro mette a punto un proprio strumento espressivo, mescolando sapientemente dubbi e certezze, soavità e gravità, osservazione e speculazione, ironia e serietà degli argomenti affrontati.
Si tratta dii una poiesis dalla spiccata musicalità che di volta in volta assume la forma del lied, del minuetto, del tema ripetuto, della variazione sorprendente, del componimento d’occasione, del divertissement (non a caso nel suo etimo originario l’haiku rimanda al duplice significato di strofa d’esordio, o di strofa a carattere scherzoso).
Gli haiku della nostra Autrice appaiono come piccole forme rivelatrici della nostra epoca. Ciò che resta di questo libro è il libero accesso all’essere delle cose, la discesa nelle profondità dell’io (individuale e collettivo), la riscoperta dell’alterità (in generale) e dell’Altro (in particolare), che echeggiano con forza, con coraggio, con passione: “Da voi riprendo/dolcissimi animali/da voi riprendo”, “E ancora è/empatia umana/spes con-divisa”.
2. Profanum librum et spiritualem. Mariella Bettarini offre a noi lettori un libro dubitativo. Interroga se stessa e ci interroga (guarda nel nostro abisso interiore), evita la linea retta della facile asseverazione e si infila nel cunicolo del paradosso che, si sa, non porta da nessuna parte, almeno in apparenza (“Eppure che il bene/faccia bene anche al male/così facendo?”).
Stabilita questa base interrogante e extra logica, l’Autrice divarica essenzialmente lungo tre direzioni: la prima, ispirata e febbrile, (“Batte-lavora/muscolo è il cuore/lavora sempre”); la seconda, riflessiva e timidamente sognante (“Che dire-dirvi/o foglie materiali?/Son figlia vostra”); la terza riguarda la tremenda, inattuale condizione della creaturalità, trattata con il doppio filo della fede e dell’assenza di fede, dell’evanescenza metafisica e della pura materialità, dell’inclinazione lirica e dell’oggettiva descrizione delle cose (“Oltre il limite/(ma di che scienza parli?)/solo limite”).
Il vero lavoro di Mariella Bettarini consiste nell’investigare a fondo la propria coscienza per ricongiungere individuo e natura, per andare oltre l’indifferenza, per scardinare i meccanismi sociali dominanti che isolano gli individui e li rendono deboli, fragili, insussistenti di fronte alla realtà. In uno splendido cambio di passo, in una straordinaria inversione del nostro modus vivendi ci si imbatte in un haiku fulminante e umanissimo, a proposito delle foglie: “Quando cadete/ci pieghiamo con voi/voi aspettiamo”.
3. In claris fit interpretatio. La particolare attenzione alla resa dei vocaboli (job, speme, solinga, humus) e ai giochi di parole (“d’una vita silente/sì lenta ormai”) determina un ritmo e una sonorità che si distaccano dal canone egemone. Mariella Bettarini realizza due libri in uno: il primo poetico in senso stretto, il secondo di poetica, mettendo in atto un progetto atipico, secondo il quale alla classica visione del mondo (per esempio, il richiamo a non lasciare per ultimi gli ultimi della Terra) associa la questione cruciale del come prendere la parola e rivolgersi allo scarso pubblico della poesia: la speranza consiste nel ri-creare una koinè capace di far tornare la fiducia nei confronti della scrittura poetica (“Amo parole/compagne le parole”, “Se voi mancate/manca molto del vivere/parole-vita”).
Per questo l’Autrice ricorre spesso alla figura retorica del mitate, termine che sta a indicare la sovrapposizione, l’intersezione di due concetti (bene e male, sorte e scelta, orizzonte e assenza di limite, il cuore-muscolo e il cuore-lago di sentimenti): l’obiettivo in termini poematici è di evitare la monotonia elegiaca con tanto di corrivo sentimentalismo e di un simbolismo di maniera, senza mordente.
Il miracolo di questi testi è il loro fluido trascorrere da un registro aulico (“tu- mai immoto”) al sermo cotidianus (“Anche fare domande/è un lavoro”): si crea per questo tramite una trama di significati e un ordito di significanti che giungono fino alla nostra sciatta e sciagurata contemporaneità che pretende di crogiolarsi in uno smisurato presente, avendo in uggia in ugual misura futuro e passato (“Senza memoria (però che mi farei/senza memoria?”)
4. Exeunt. Gli haiku di Mariella Bettarini mostrano personalità, non tanto per i dettagli, o per qualche verso particolarmente riuscito, ma per la coerenza assoluta che li sostiene, per la compattezza dello stile, senza sbavature e ingenuità, per la capacità dell’Autrice di restituire dignità a valori ormai del tutto obsoleti (il senso pieno della maternità, il sentirsi accolta nel grembo di una natura benigna, la necessità di rintracciare un filo in un multiverso probabilistico e aleatorio).
Vi prego di non trattare questi haiku come semplice spettacolo poetico su cui sorvolare in modo frettoloso: leggete e rileggete ad alta voce, meditateli, ritornateci con il pensiero. Vedrete a un certo punto spalancarsi epifanie, comprenderete il senso e la forza di un granello di polvere in controluce.
Nell’epoca della serialità asfissiante e della riproducibilità tecnica di qualsiasi forma d’arte, Mariella Bettarini ci affida i suoi haiku che non sono calchi, ma espressione originale di una scrittrice che merita di essere annoverata fra le voci significative di oggi e di domani.
Nereidi, 23 luglio 2021
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