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Commenti al testo proposto da Gian Piero Stefanoni
Piazza di Spagna

Sei nella sezione Commenti
 

 gian piero stefanoni - 14/03/2014 11:20:00 [ leggi altri commenti di gian piero stefanoni » ]

grazie a te Maria, che bella cura hai e ti dai della bellezza.. nella capacità di commuoversi una vitalità che resiste.. tra l’altro Ode su un urna greca è la poesia del mio cuore.. un abbraccio

 Maria Musik - 13/03/2014 07:00:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Caro Gian Piero, grazie per questa meraviglia. Ultimamente, quando leggo simili meraviglie, mi concedo il pianto. Sì, perchè ciò che non trovo nel quotidiano agire, la "corrispondenza" che mi viene negata dai consueti rapporti ed incontri, lo trovo nella poesia.
Ecco, ad esempio, ho una risposta all’ultima domanda:
"gli esteti
in un’alcova di roma
perfetta coppia senza vita che ancora mormora
una divina melodia
che nessuno più ricorda?"
Io li ricordo, li amo e, spesso, li visito. Me ne vado al Cimitero Acattolico (che adesso è ammantato di pratoline e viole), mi siedo su una panchina e leggo o, assorta, Li ascolto ancora parlare d’amore e dolore. Una delle tante gioie che mi concede Roma.

 Roberto Maggiani - 12/03/2014 23:04:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Grazie Gian Piero, non conoscevo questa bella poesia, ma forse neppure i romani la conoscono, ora la spargo un po’.

 Gian Piero Stefanoni - 08/03/2014 13:30:00 [ leggi altri commenti di Gian Piero Stefanoni » ]

L’8 marzo 2006 se ne andava a Milano, all’età di 82 anni, Jorge Eduardo Eielson straordinaria figura di artista peruviano in una commistione di generi che ne hanno caratterizzato la singolarità della ricerca sia in poesia dove nell’ innamoramento pieno l’incontro con la cultura europea si lega (come nell’amico scultore Joaquin Roca-Rey) ai miti e alle risonanze della terra d’origine sia in campo pittorico i cui lavori, apprezzati ovunque e segnati da originalissime e personali interpretazioni delle tracce più avanzate delle arti visive del novecento (tra cui ancora nel segno di un legame mai reciso con l’ancestralità delle proprie risonanze, la ricreazione del khipu, l’antico nodo della civiltà incaica) sono presenti in molte delle gallerie più importanti del mondo. La poesia che qui presentiamo è tratta da “Di stanza a Roma”, uscita nel 1952, testimonianza preziosa del periodo romano (dal 1951 al 1967), che trova nei versi per la scalinata di Trinità dei Monti, nel richiamo ai cari Keats e Shelley, l’omaggio a quella gioventù di creazione da lui sempre raccomandata e perseguita, e per la quale va ancora il nostro grazie.