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al testo di Giuseppe D’Abramo
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ho dimenticato in che modo si dimentica seduto qui vicino a una lampada guasta vicino a un tavolo mangiucchiato silenziosamente, bestialmente legato alla carcassa di ieri con uncini di ferro nel muro degli occhi mentre l’unica cosa saggia da fare mi sembra continuare a scherzaci sopra o uscire per prendere una boccata d’aria oppure aspettare e augurarmi che sia rimasto del vino nel mio bicchiere perché questo a volte conta ben più delle ragazze di un tetto di un lavoro di tutto ciò che ti aiuti ad essere un po’ più forte e distaccato; fa parte del gioco e non c’è da meravigliarsi se i topi ci rimetteranno i denti a furia di ridere se l’amore è così lontano dalla verità come gli eroi delle saghe no, non c’è affatto da meravigliarsi! se gli angeli crepano trascinandosi per frontiere esplose dentro allegre vasche bagno mentre qualcun altro lì fuori distrugge il mondo lo violenta lo pugnala lo sventra distrugge il mondo distrugge il mondo e si rade il mattino dopo e tira su le tapparelle per fissare le sue vittime e beve un succo di frutta contando i soldi e prepara lo stufato come se nulla fosse, come se tutto… tutto questo rientrasse nei limiti della normalità. |
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