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al testo di Manuel Paolino
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NIÑA DE FUEGO
Niña de fuego! Niña de fuego! Lascia nel cielo scia di fiamma; cammina veloce Niña de fuego la frena il palmo del caro fratello; vola Niña de fuego nel nido di mamma: come un uccello!
IL SIGNOR L
Le nuvole indorano il crespo, ogni sorta di diamante ruota fra le sue dita; in piedi il Signor L guarda tutti più elegante della luna.
Sbatte le ali ma non vola, nei capelli banchettano i pidocchi! Il Signor L si dipinge da una sedia: apre le penne nel circo dell’aria, denuda il vento con le sue ciglia.
MINISTRO
Ministro aggiusta una macchina, lascia un’altra accesa.
La camicia a quadri blu pulita, profuma di sapone cotto sotto la tiepida brace di febbraio. Aspetta le api.
Ministro aggiusta una macchina, lascia un’altra accesa.
Si sveglia col mare come un’onda canuta, amichevole conduce i suoi passeggeri. Si stendono le chiavi sulla sera.
Ministro aggiusta una macchina, lascia un’altra accesa.
A casa l’attende la radice nuda d’una rosa assetata, con quindici petali.
Ministro aggiusta una macchina, lascia un’altra accesa.
GREGORY
Gregory era un albero. Contava le ore: punto nero nel giorno, pupilla della notte.
Gregory vende empanadas. Conta le banconote: punto nero nel giorno, pupilla della notte.
ABUELO
Camicia ocra con finissime righe bianche, il corpo interamente sudato, magro come un duro ramo sotto il sole, ottantadue anni: Abuelo arriva da lontano. Vive in campagna, la sua casa cade in pezzi.
Un tempo portava sempre con sé una cassa di melanzane, manghi e pomodori; ora non più: aspettava per ore il povero vecchio prima che io gli aprissi! Tornerà anche domani, non per l’acqua, il caffè o un sorriso, ma per pochi pesos.
EMILIO
Emilio viveva in un buco; pregava. Vi mise un letto, poi una donna, infine un bambino.
Emilio lavò il suo abito elegante e la camicia bianca da cristiano, in un pomeriggio di silenzio e speranze: un pomeriggio di abbandoni e scarpe nuove.
È DIETRO L’ILLUSIONE CHE A VOLTE SI NASCONDE LA BELLEZZA
È dietro l’illusione che a volte si nasconde la Bellezza. Non chiedono permesso le tue lacrime; non chiede permesso la felicità.
Monumento di cristallo, lineamenti di riflessi, davanti l’illusione; è dietro che noi stiamo, mia cara, te lo dico ancora: – Non chiedere permesso!
LA DOMENICA
La domenica s’immola ai baci; sola, taci, aspetti il tuo amato. Promesse domenicali, carezze d’arena sott’acqua; scivolano certezze fra il suo siero: con quel bacio su tre gambe ed una, in mezzo agli occhi.
LA LOMA
Accendono e spengono i motori nella stretta salita, le amiche camminano in coppia con i volti sorridenti; tutti vendono, comprano; salgono e scendono dai marciapiedi, dalle scale, i bambini scalzi; la musica esce dai colmado, più il sole si spegne più forti si fanno i richiami, le chiacchiere, il vociare: la sera apre i polmoni del barrio della Loma.
Una piccola finestra al terzo piano con una luce: le fessure semiaperte s’un letto rosa da principessa. Lei è raccolta sulle ceneri del giorno sotto la coperta ocra nella bocca dell’amato. E conducono le dita gli occhi d’antilope in uno stagno d’acqua lucente. La sera nasconde gli amanti del barrio della Loma.
YLANTAFORA
Atlanda ylia mata Lettinia ynanda adnály Ylantafora nata lea Mátara atla ylanda.
ISOLA
Vorrei addormentarmi un giorno e svegliarmi all’atterraggio poi, addormentarmi un giorno e svegliarmi all’atterraggio, e ancora, addormentarmi un giorno e svegliarmi all’atterraggio.
Vorrei che il tempo impazzisse: per poterti vivere, rivivere, e vivere di nuovo, isola mia.
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