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La Recherche è un'opera che non fa prigionieri. Ci incorona strenui condottieri o ci costringe alla ritirata. Non fidatevi di quelli che vi dicono «L'ho letta da giovane, dovrei rileggerla», «Sono a metà dei Guermantes da un paio di anni, devo solo trovare il tempo di andare avanti». Con Proust ci si sposa o si tagliano i ponti per sempre, non ci si scrive su WhatsApp. Se si sceglie il matrimonio, l'unione non può dirsi senza conseguenze. Non tanto perché chi arriva alla fine del Tempo ritrovato diventa in qualche modo vedovo e, incapace di innamorarsi di altri autori, vive momenti di alienazione pari a quelli di un soldato di ritorno dal fronte. Quello poi passa. Sposare Proust – soprattutto prima della pensione e quando non si è accademici di professione – ci rende, agli occhi del mondo, creature esotiche, curiose e senza patria, simili a quei pappagallini tropicali che ci deliziamo a indicare sui rami dei parchi cittadini. Non potrebbe, peraltro, essere altrimenti: nel panorama dei lettori (italiani ma in fondo mondiali), i proustiani formano una minoranza rarefatta, elitaria e curiosamente disomogenea, di Eleonora Marangoni - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/xZTGl8
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