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al testo di Salvatore Sblando
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L’UOMO DELLE ROSE
Ho chiuso la cerniera agli stivali, conosciuto la forma delle scarpe ed il giro degli alluci che ti curvano la schiena. So delle tue gambe lunghe che han calpestato petali e percorso spazi infinitamente brevi come lo sguardo che ha saputo solo il bianco appeso delle bandiere Hai visto fiori contare anni, notti spezzarsi sull’uscio di casa. Hai preso battiti non tuoi e smozzicato pane a piccole dosi come fosse un segreto il lento incedere fra le carezze Ti sei persa in tanti assolutamente sì nel gioco della falsità e degli occhi opposti alla scena. Hai creduto di poter vincere il secondo per non calarti nell’attimo e morire una vita non serve chiudere gli occhi di chi regala rose scordandosi del tutto, nella comprensione delle spine * Ogni volta che pronuncio te comincia un verso nell’a capo di ogni singolo respiro c’è l’impronta dell’affanno e i giorni, si protendono al tempo dal precipizio di una assente punteggiatura Sarà che finora ho scritto ciò che meglio so fare, il fermarsi di un autobus al capolinea e l’incedere del sonno tra le prime ore del lavoro che mi porto a parlare di te di Emily, della tua casa dai tre muri vista mare e di questa cocciuta traversata di un ponte tra due sponde prosciugate e noi vorremo l’altro come la coraggiosa incertezza di chi entra in una vasca piena d’acqua calda GENERAZIONE È bastato un silenzio di poche parole per conoscere l’importanza del tempo degli ultimi giorni d’aprile Un battito senza cuore nell’indecidibile fra aria e vento, affluenza e sguardo Perché siamo generazione che regge l’alcool ma non l’amore un brivido, un passo, un’incertezza nell’assenza di Madre morente |
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