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al testo di Ivan Pozzoni
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Ho rubato al telefono la tua rabbia, adombrata da nuvole di malinconia, e da vuoti cliché donna/ forte donna / sicura, tutta sesso e odore di mimosa.
Ho rubato i tuoi 30 denari, nella certezza che tu, mai, mai nella vita saresti riuscita a incastrarli nei torrenti torridi della macchinetta jukebox, incassata, una domenica mattina, senza scontrini, nel mio stomaco.
Sbronza d'una notte d'estate, vomito sulle strade ibernate di Oslo, amore, mi hai chiamato: amore, e hai chiamato amore mille e mille altri uomini, d'una mediocrità insistente, registrati sul tuo sismografo da Madame Bovary strattonata sulle scale del suo castello.
Pure, tu, camaleonte instabile, mi hai chiamato amore, e io ho rubato i tuoi seni, i tuoi sospiri, i tuoi sdegni, insabbiandoli nei venti, irridendone ardore e sincerità; ma, adesso, condannato all'ergastolo, attendo d'uscire, e di trovarti, ancora, fremente, nella rubrica intonsa, idrofoba dei miei domani.
[Versi introversi, 2008] |
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