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al testo di Adielle
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Col male che fai conquistami. La colpa cos'è? Ho vuotato quel bicchiere o no ? Scommetto che tu te ne andrai. La vita m'ha preso quel giorno che mi sentivo inutile alle spalle confidando nella mia timidezza di voltarmi di scatto, al primo tocco strisciato, sbattere d'ali colme di un soffio solo ruggente d'altopiani e rocce scivolose a picco su altri mari, non vedo la fine del tuo orizzonte sono cieco forse? Dimmi cos'è questa discordia nuvolosa quest'archetipo di non curanza belligerante fuori è un giorno fragile ma dentro i miei rottami so d'argilla che tenta la tua pelle a farsi brivido e preghiera non curante dell'esistenza di un dio benevolo che ci guardi andare in pezzi senza mai ridere. Oggi ogni gesto ritrova il suo senso e se alla fine riusciremo a credere alle nostre promesse le nostre voglie abdicate sull'altare del non senso saranno sempre le stesse a chiederci perdono per aver soccorso invano l'effige sbiadita dell'esistente. Tutta in una coppa ti tengo tutta in una coppa! e intanto bevo il tuo sangue versato come fosse l'ultimo granello di sabbia in una spiaggia dove il vento s'alza solo per confonderci le idee Chi sono? maree mentre inseguo i sogni che oggi non bastano più. Esponenziale la progressione del decreto universale che ci vuole simili ma non uguali per spezzarci le corna tutte le volte che gonfiamo il petto. Ma lasciati guardare un po' più a fondo a volte i pensieri si confondono senti come tremo perchè sento che gestisco male il mio rimpianto da ubriaco ma ubriaco canta amore e sul palato batte ancora la tua lingua. Ho sete di te questa notte maledetta speranza perduta sotto i ponti dove faccio compagnia ai barboni nel bere forte cantare piano raccontare storie senza fuga o via d'uscita che non sia un digiuno stanco d'altri tetti che non siano un cielo bianco latte. Fammi a pezzi (bestemmio) dimmi che sono tuo oltre il ventre maledetto del tuo più scaltro addio. Ma tu taci, inconsistente a questo punto il rogo che ho immolato nel decumano a discapito di nessuno. Fammi leccare la tua mano, cane di pezza senza un occhio bandito senza pregio d'essere assolto per aver calpestato suolo come regno senza avere scettro. Gelidi tramonti i tuoi occhi pesti, vessilli di perdute sponde. Sono franato sul tuo collo solo per assecondare la discesa fossi stato in me avrei brandito altri calici d'assenza. Lungo la terra di chi disubbidirai ancora? Non nominarmi lo sposo che sale le scale lo sai che per me la storia è fatta d'inciampi. Se fosse facile fare così disarmare le paure che ho ti terrei per sempre con me in un attimo freddoloso che non passerà. Si nutre di cose che fanno male la tua fame dolcevenere ma forse tutto ti è dovuto perchè non sai di essere. Come se il sonno potesse impedirti di fingere, così chiudi gli occhi su di me e io cado di nuovo nel vortice prima di andare a benedire altre cosce. Chissà cosa rimarrà domani delle tue guance rotte dei capelli con le nocche come pugni delle gambe di giunco. Nè vieni qui a dirmi ch'è falso il sorriso senza bordi che mi riservi quando muoio. |
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