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Stette l'assalto prigioniero della soglia

incorrotto ma mai più fertile ai prodigi del giorno

come madre artefatta, una casupola per animali all'aperto

coibentata, con una tana di topi sotto, a tregua di cane corso

il mio Ulisse in ritardo dai pascoli d'altoforno.

La breccia che interruppe il lasso di tempo si produsse in vademecum

per visitatori dell'asfalto, stagionati di pioggia montana

fin dove arriva la bruma, a valle sul lago

strapiombo di un coito ghiacciato se la cascata lo ingorda

se lo stantuffa a sbalzo, conato di tutta una vita che si scioglie.

Quintessenza del suo fiordo, una fiaccola per volta, a decimare 

le pigrizie dell' inverno tutte in fila sulla coltre, in culo alle nuvole

latifondi di condensazioni a sublimare qualche passaggio di consegne

che non trovano oltre l'ancoraggio

e si perdono gli occhi che le guardano di sbieco

gli io che passano in rassegna, al setaccio delle greggi che contano

per addormentare le coscienze a una bestemmia di dio che abbia forma

di un dio che si possa pregare restando mortali.

Poi se ne alza uno, uno non proprio qualunque, tra gli astratti

e si concentra in una materia che abbia un' ombra

per accorgersi del Sole e poterlo indicare.

Tu sei! Senza sapere ancora di sè.

Tu sei! Strappa il velo, conta i pezzi, si accorge dell'abisso che li separa

e perde memoria del principio che li unisce.

Ancora più forte, prende il cielo e lo sfascia in favore delle stelle

al suo capezzale perchè possano prenderlo prima che cada l'energia

del suo ultimo respiro e torni in circolo nell'atmosfera che da i brividi.

Prima di capirsi, di impararsi dal sogno in cui si sogna

ha bisogno di altre vite d' attraversare di cui non conserva il ricordo.

Così si perde nel Samsara e i corpi in cui s'incarna a misura 

dei suoi vortici irrisolti, lo distolgono dalla ricerca della sua vera natura.

Perchè l'anima resti la sola a cercare la strada di casa

col principio che la illumina oltre il buio delle cose

lo spirito che trascende la materia vivente, la rotta muta del ritorno

è necessario che muoia alle sue voglie più antiche

col rischio di mai soddisfarle, in caso di oracoli, a scanso di equivoci.

Con l'amore come costante perpetua, per giunta a rigor di logica.

Le manie di grandezza dell' atomo da una parte

dall'altra la speranza suprema del nulla, nello stesso nucleo

ai ferri corti.

Il caso limite, limite il caos e i nostri giorni stuprati.

 

 Klara Rubino - 08/11/2016 09:33:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

Va bene se per "ultime poesie" intendo quelle dell’ultimo anno?
No, no, non mi rispondere, grazie!
Buttati, sai quante volte, dopo aver scritto un commento, mi domando cosa penseranno di me, magari che sono un po’ folle!?
Ma tanto quici si conosce, ma non ci si vede!
Buona giornata!

 Adielle - 05/11/2016 17:16:00 [ leggi altri commenti di Adielle » ]

Grazie Klara, effettivamente è uno sfogo questa mia combriccola di parole, la prima parte è il ricordo di un cane che non c’è più con la cuccia che c’è ancora in un orto che c’è sempre stato.
Io non commento spesso le poesie degli altri (quasi mai) perché non ritengo di avere questo talento e risulterei inevitabilmente banale mentre voi siete bravissimi, tuttavia colgo l’occasione per dirti che ti leggo sempre e le tue ultime poesie sono bellissime per me, c’è come uno sbocciare in te contagioso, complimenti e un caro saluto.

 Klara Rubino - 05/11/2016 17:04:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

Ricca di associazioni sorprendenti e dotate di fascino,la prima metà della poesia mi risulta ostica da comprendere, ma forse non vuol farsi comprendere, come un pugile scatenato con l ’ avversario alle corde che non può che scazzottare.
Poi c’è la campanella e inizia a pensare come stendere quest ’ idea assurda di Dio e di vita!
Giorni stuprati in conclusione ed una faccia gonfia piena di lividi, respiro affannato!
Intensa!

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