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Segesta

                                                                                                                       A mio figlio


Non  come porti pane a casa
benedetto o accidentato 
ma come vivo sai il respiro

capace di distinguere un segnale

di sopravvivenza da un rumore
come rischio  dov'è il cuore, sai
al centro del dolore

che non fa paura del futuro

piangere
ballando al buio con la pace
la montagna
          ...la mia Jebel  ti mostro
la portata d'acqua  i suoi colori
lungo il perimetro dei  fianchi
circondata da due fiumi una segesta
abbandonata a 36 colonne- nello scrigno
morbida  roccia incompiuta vita
niente del suo splendore più colpisce
il semicerchio vuoto nel Teatro

 

il donativo del paesaggio toglie il fiato

quasi a morte nel tuo sguardo. dov’è il mare

alimenta il mio pensiero mentre scendo
tengo il filo del fondale. fino al fondo
ondeggia  sulla prateria la posidonia

coi suoi capelli d'oro silenziosa

l’ossigeno di un peso  troppo grande

dentro gli occhi delle anfore  perdute
con le mani sulle alghe ti racconto

come levarti dalla solitudine

-che avresti giocato in paradiso. "Sì

anche lì viene la neve " ti rispondevo

 

Risalgo  le domande  sulle dita

le acque strette  erano il tuo viso
impresso c'è quel nome- figlio mio-
già illeggibile

al mare che ti chiude

                                           infinitamente tacito

 

 

Thomas Cole

 

 Leonora Lusin - 22/10/2013 13:54:00 [ leggi altri commenti di Leonora Lusin » ]

Amina non ho parole in questo momento ma questa tua mi è piaciuta tanto. Di cuore.

 Angelo - 22/10/2013 11:33:00 [ leggi altri commenti di Angelo » ]

bella musica. inevitabile. amara ed aspra quanto dolce

 amina narimi - 21/10/2013 23:41:00 [ leggi altri commenti di amina narimi » ]

Grazie Poetamio..grazie Nando

Cristina ancora unavoltasempre le Tue parole sono una tavola smeraldina, sì, il segnale batte vivo da laggiù si può distinguere da un rumore: è di dolore, è gioia- una madre SegestAntica che non ha più favole reali
se la raggiungi è solo pelle ritirata nel profondo ma da lassù avrai la vista dritto il mare fino in fondo alle anfore, sarà toccarle con le mani, sui capelli ripetere la favola, un cerchio che chiude la Passione una gioia troppo forte un dolore troppo grande che va fiera di portare fino a compimento del silenzio
Grazie Cristina, sei al cuore e preziosa donna, sempre

 Cristina Bizzarri - 20/10/2013 19:08:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Com’è difficile l’ingresso in questo tuo tempio di una città dimenticata, Amina. Com’è difficile capire quel "come vivo". Com’è difficile sapere "al centro del dolore/che non fa paura del futuro/piangere". E poi tutta la portata d’acqua, e poi "il semicerchio vuoto del teatro" che non è più colpito da niente di un antico splendore. E "dov’è il mare/alimenta il mio pensiero mentre scendo/
tengo il filo del fondale". E ancora "la posidonia/
coi suoi capelli d’oro silenziosa/
l’ossigeno di un peso troppo grande/
dentro gli occhi delle anfore perdute" - lo subisce, troppo grande il peso - l’ossigeno. ma se "le acque strette erano il tuo viso/
impresso c’è quel nome- figlio mio-" , ecco: è
"già illeggibile/al mare che ti chiude/infinitamente tacito".

Cosa dire della tua poesia? Io posso dire solo questo: riuscire a vedere quello che "qui" non è visibile, forse non è un viaggio impossibile - per chi fa del dolore un passaggio verso qualcosa che è ben oltre il qui, ben oltre noi. Per chi ha questo coraggio e questo amore.


 Nando - 20/10/2013 16:20:00 [ leggi altri commenti di Nando » ]

Iuna poesia che affonda nella carne, che chiama a ripetute letture, che attende dal lettore una solidarietà esistenziale, ancor prima e oltre ogni analitica testuale comprensione.

Ciao, Amina. Molto bella.

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