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Perché ancora l’ermetismo

Sappiamo tutti, come ad esempio ci ricordava Umberto Eco in "Il fascismo eterno" , che "nel corso di quel ventennio, la poesia degli ermetici rappresentò una reazione allo stile pomposo del regime: a questi poeti venne permesso di elaborare la loro protesta letteraria dall'interno della torre d'avorio. Il sentire degli ermetici era esattamente il contrario del culto fascista dell'ottimismo e dell'eroismo. Il regime tollerava questo dissenso palese, anche se socialmente impercettibile, perché non prestava sufficiente attenzione a un gergo così oscuro" . Ora, dato che (mi sembra) la dittatura non c'è più da un bel po' di tempo, e che quindi si può parlare e scrivere liberamente, suppongo che chi continua a scrivere poesie ermetiche lo faccia semplicemente per il gusto di non farsi capire dalla (stragrande) maggioranza dei lettori (che è rimasta - mi pare normale! - poco avvezza a cogliere messaggi segreti nelle poesie, proprio come quei gerarchi fascisti) , credendo di far parte di un'avanguardistica élite letteraria, ma magari dimenticando che, se nel Ventennio l'ermetismo era un'avanguardia, adesso, dopo quasi un secolo, è senz'altro una retroguardia!

 Franca Colozzo - 02/03/2018 18:46:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

@Antonio, concordo pienamente con il tuo pensiero, ma come giustamente faceva rilevare Angelo, spesso il poeta come il pittore si trasforma in un manierista per compiacere gli altri.
Le mode purtroppo, soprattutto in questi tempi, sono al centro dei social e dell’attenzione pubblica. Abbiamo già insigni esempi nella letteratura del passato, in particolare neoclassica, nell’opera di Vincenzo Monti, manierista compiacente con la sua poesia cortigiana abituata a identificarsi con i sistemi politici.
Sicuramente, come afferma Ferdinando, il poeta è il primo lettore della sua opera, ma a volte può privilegiare una metamorfosi del suo lessico poetico per compiacere gli altri o le mode correnti. Inoltre, campagne di mercificazione del linguaggio poetico sono sempre oggi più diffuse, così da indurre spesso i mestieranti della poesia a produrre in un gergo non consono al proprio mondo interiore, ma ai sentimenti in voga.
Il mio pensiero, in parte esposto nel mio saggio: "E’ morta la poesia?", è se occorra conoscere bene la metrica, così come la grammatica per la scrittura, il figurativo per la pittura, il pentagramma per la musica, l’aritmetica per la matematica, ecc.
Cioè, se un poeta si possa definire tale a prescindere dallo studio della metrica. Probabilmente la risposta è sì, anche al di là della "ratio" di un percorso sistematico dell’apprendimento.
Credo che sia fondamentale la conoscenza delle poesie dei grandi poeti italiani fino ai giorni nostri. Eccezione fatta, forse, per la genialità, che appunto rientra in una casistica "una tantum" e quindi sporadica. Sottolineo che l’apprendimento pittorico è stato fondamentale anche per i grandi geni, da Michelangelo a Raffaello, da Leonardi a Caravaggio, da Van Gogh a Picasso... Perché questa regola non dovrebbe essere valida anche per la Poesia?

 Ferdinando Battaglia - 25/02/2018 16:36:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Ci sono mille sfaccettature nella personalità d’un poeta, che sfuggono ad ogni rigida codificazione o categorizzazione, non credo che il poeta scriva "immediatamente" in virtù del lettore (il primo lettore di se stesso è lui stesso), anche quando scrivesse su commissione, se di talento vocazionale e di scrittura autentica, non verrebbe meno questo aspetto connotativo della sua lingua, che appunto "ignora" il lettore, altrimenti saremmo in un altro ambito creativo, magari non minore per fattura di risultato, però certamente prossimo alla seduzione, simile a ciò che rappresenta oggi la pubblicità, piuttosto che al fascino intrinseco di un’opera artistica. Condivido molto delle considerazioni di Angelo, forse sulla conoscenza letteraria e storica che un poeta dovrebbe avere del passato e del proprio tempo, ritengo che se è necessaria, tuttavia non lo è in modo assoluto ai fini della produzione poetica, ancorché deve venire dal talento o dal genio.

 Antonio Terracciano - 25/02/2018 15:42:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Sono su questo perfettamente d’accordo!

 Angelo Ricotta - 25/02/2018 14:34:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

Comunque io ritengo che un vero artista debba sì conoscere la materia oggetto del suo operare, sia tecnicamente che storicamente, ma nel contempo debba assolutamente prescindere da intenzioni avanguardiste o di retroguardia e da considerazioni di stili obsoleti o alla moda. L’artista deve seguire solo la propria ispirazione e il proprio talento. Insomma non si deve cercare di essere originali a tutti i costi ma essere semplicemente sinceri con se stesso e con gli altri. Nella scienza c’è una situazione analoga: c’è chi rimane nel seminato e chi prescinde da ogni moda. Solo questi ultimi hanno realizzato qualcosa di interessante.

 Antonio Terracciano - 24/02/2018 19:39:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Ottima disanima, quella del Ricotta, sui motivi che spingono a scrivere poesie ermetiche, ai quali, semmai, ne aggiungerei un altro: l’ingenua aspirazione giovanile a produrre, in quel modo, un qualche capolavoro (a me, da giovane, capitava, salvo ripudiare quelle composizioni dopo pochi mesi... ) Si prenda addirittura l’esempio di Montale: era giovanissimo quando pubblicò gli "Ossi di seppia" , e forse "Le occasioni" e "La bufera e altro" furono scritte a quaranta e a cinquant’anni proprio per "manierismo" , perché il poeta non aveva il coraggio di abbandonare quello stile che l’aveva reso tanto famoso. Ma in vecchiaia, a più di settant’anni (dopo vent’anni di silenzio poetico) gettò tutto alle ortiche, con la scanzonata, ironica e quasi cinica raccolta di "Satura" (comprensibilissima da tutti, a condizione di essere normalmente intelligenti) , la quale può darsi svelò ai lettori, finalmente, il suo vero modo di pensare e di essere.

 Angelo Ricotta - 24/02/2018 18:13:00 [ leggi altri commenti di Angelo Ricotta » ]

A mio parere possono esistere almeno quattro motivazioni nella scrittura di poesie ermetiche. Una è senz’altro quella che tu riporti ovvero l’idea di appartenere ad una élite letteraria che invece, come giustamente tu rilevi, è ampiamente fuori tempo. Un difetto di ingenuità che dipende da una carenza culturale. Un’altra motivazione può essere che, pur conoscendo la storia letteraria, si voglia intenzionalmente riprodurre quello stile nella speranza di approfittare della fama di cui ancora godono gli originatori di esso. I manieristi, in tutti i settori artistici, non sono proprio questo? Un paragone pregnante ci viene dalla pittura. Ci sono dei pittori capaci di imitare alcuni stili del passato e che sono difficilmente smascherabili persino da esperti. Per lo più si dedicano alla lucrosa produzione di falsi. Nulla però vieterebbe loro di adottare quello stile per produrre opere altrimenti originali. Insomma se qualcuno fosse capace di dipingere come Caravaggio io mi toglierei tanto di cappello! In tal caso non si tratterebbe di un falsario ma di un artista che ha scientemente adottato uno stile perché consono al proprio modo di esprimersi. Pertanto lo stesso può essere per chi scrive in stile ermetico. Infine c’è una quarta possibilità. Una poesia può acquisire talvolta e spontaneamente una forma ermetica a causa della necessità del poeta di esprimere aspetti della propria esperienza o del proprio sentire difficilmente comunicabili al lettore se si vogliono mantenere certi aspetti formali che rendano l’opera suggestiva, evocativa, insomma invitante. Altrimenti si finirebbe per scrivere della prosa in verticale.

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