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POESIA FA quasi RIMA CON PEDAGOGIA

Poesia...pedagogia...SCUOLA. Un percorso concentrico, un’ellisse di vita. Se oggi amo questo genere letterario e se faccio parte del mondo scolastico, si potrebbe quasi pensare a qualche analogia pedagogica ma forse le radici potrebbero essere ben più profonde, esistenziali...
Se scrivere asciutto, in poche parole, con o senza rima mi fa stare bene, dovrei essere grata a qualcuno, a chi mi ha avvicinato a questo mondo. Guardando indietro nel tempo, stranamente scopro che questa persona non fa proprio parte della scuola, dalla quale tutti partiamo per conoscere i primi vagiti poetici, le prime rime più o meno baciate. No, io non scrivo semi-di-poesie grazie alla scuola, dove ora lavoro... Ironia della sorte, disegni perversi di un ‘entità ultraterrena?...

E’ un ragionamento che mi trovo a fare, dopo aver preparato il canovaccio per un’intervento sulla poesia, che il destino ha voluto si svolgesse il 5 maggio (2012).
Il pensiero, l’equazione poesia = scuola personalmente s’affloscia e si perde, specialmente se ricordo il mio excursus scolastico; non so ancora, di preciso, se è colpa del periodo, degli insegnanti incontrati o di entrambe le cose.
Infatti quella data, il 5 maggio di manzoniana memoria, mi catapulta agli esami di maturità, quando mi si chiese il perchè della scelta. Rimembro ancora con inconscia vaghezza gli echi di quello spazio mattutino, quando sezionavo ignara le strofe, smembravo i versi trasmutandoli in frasi che raccontano, spiegano...In pratica io maturavo, compiendo un sacrilegio!

Molti decenni dopo, sono rientrata nel mondo della scuola, nonostante tutto, scoprendomi appassionata di lingua, di scrittura, di poesia.
Ad oggi, nel mio piccolo universo pedagogico, denoto che c’è un tremendo bisogno di poesia, purchè proposta sotto nuova luce.
E’ probabile che io risenta di un’educazione improntata esclusivamente a parafrasi e memorizzazione, di un approccio prevalentemente tecnico e strumentale; alla fatidica domanda “che significato ha questa poesia?” o “che vorrà dirci l’autore?” prendevo tempo, troppo, naufragando negli spazi bianchi delle strofe poetiche, cercando la risposta migliore (del manuale, del professore o...la mia?). Quel tipo di domanda mi spaventava, (ancora m’ inibisce) perchè a scuola si dovevano dare sempre risposte giuste...

Forse è per tale retaggio che ancora oggi l’approccio al testo poetico è per molti eccessivamente didattico, lontano, noiosetto, perchè i poeti si sa, parlano sempre per enigmi.
Perfino un lettore adulto, spesso si ritrae di fronte a una poesia, o peggio ad una raccolta di poesie, preferendo letture meno ridondanti e più immediate; non tutti sono disposti alla coraggiosa scelta, a oltrepassare l’altissima muraglia che sovrasta il senso; per capire, ad esempio, un poeta che ci parla del bosco, bisogna entrare in punta di piedi dentro le sfumature di verde, sentire l’odore di muschio bagnato, il rumore delle foglie secche calpestate dai nostri passi...
Ecco perchè un romanzo si legge in fretta e per una silloge non c’è fine certa.
La terra di Poesia è terra di libertà e il Lettore è come un cacciatore di tesori che squarcia il velo della metafora, si inerpica tra preconcetti radicati (tipo se non è in rima non è poesia, la poesia deve trattare temi alti e raffinati...), striscia mellifluo tra vecchi dogmi tramandati sulla punteggiatura, maiuscole...Se lo spirito possibilista è sceso in lui, allora gli potrà capitare di aprire un libro di poesie a caso, alla ricerca di un dito invisibile che gli indichi la strada del cammino, di cui aveva smarrito la traccia.
La poesia è una costellazione terrestre che può segnarci la mappa dei nostri tempi e del nostro andare; qualcuno l’ha magnificamente definita ‘un cortocircuito tra inconscio e realtà’.

Quello che io tento di fare nel quotidiano, tra i banchi di scuola, è di sovvertire certi luoghi più o meno comuni. Se esposti in tenera età a certe ginnastiche linguistiche, si concorre a sviluppare nei bambini il gusto, il piacere per la parola; le filastrocche, gli scherzi di parole dovrebbero zampillare nelle giovani orecchie in ogni momento della giornata, per nutrirsi giocando. Come dice Marcel Jousse, ogni discorso poetico è “manducazione della parola”, e il poeta amando incondizionatamente le parole in quanto tali, beve alla sorgente del linguaggio. Tentare dunque di parafrasare una filastrocca, o un testo affine, oggi non fa bene alla poesia.
Le parole diventano semi, perchè scrivere è come seminare: occorre tempo e l’aiuto della vita affinchè il gioco continui; come i semi cadono e germogliano nella terra, le parole cadono dentro di noi, diventando significato (il nostro). Non dobbiamo temere se la fioritura è scarsa, ma anzi, avere rispetto di questi semi e cercare il luogo adatto per farli germogliare.


Cristina Lastri
Dicembre 2012

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