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al testo di Gil
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Dispiegammo le nostre fami come vele navigando a vista nei solchi dei corpi, furono pane e acqua ai nostri giorni quando minacciava naufragio la tempesta della solitudine. Nei caveau delle nostre carni preziosi venivano custoditi i tesori: tu m'eri anello sulla punta di diamante, io ti portavo con le mani l'oro liquido per la gioia del tempo della semina. Ci guarimmo dalla malattia degli specchi guardando oltre il muro delle forme, gli occhi perdettero le figure della luce, furono stranieri prima d'ogni esilio abitando una terra vd'anatemi. Adesso tra i rami spogli delle vele abbiamo casa, una teoria di ricordi la polena di questo nostro tempo e per cambusa ci portiamo dietro il sogno delle rughe e un'illusione andata a fuoco. |
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