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Scrivi un commento al testo di Arcangelo Galante
Il chiodo fisso

In una ridente cittadina della Val Brembana, viveva un uomo di nome Graziano, noto a tutti per il suo chiodo fisso. E no, non si trattava di qualche idea particolarmente brillante, né di un’ossessione per qualche hobby stravagante. Era proprio un chiodo, quello che sbucava dal muro della sua cucina, e che lui non riusciva a togliersi dalla testa.

Tutto era iniziato un sabato pomeriggio. Graziano si era alzato dal divano per prendere un bicchiere d’acqua, quando aveva notato quel chiodo maledetto che sporgeva dal muro. “Perché proprio lì?” si era chiesto con fastidio. Non solo rovinava l’estetica della parete, ma Graziano era convinto che stesse crescendo ogni giorno di più. “Sarà mica vivo?” aveva pensato, scuotendo la testa.

Da quel momento, non ebbe più pace. Ogni mattina si svegliava, andava in cucina e controllava se il chiodo fosse cresciuto. Poi, ogni sera, prima di andare a dormire, lo misurava di nuovo. Per farla breve, quel chiodo divenne il suo tormento quotidiano.

Un giorno, decise che non poteva più sopportare la situazione. Prese una pinza, si avvicinò al chiodo con lo sguardo determinato di chi si appresta a combattere un drago, e… niente. Il chiodo non si muoveva di un millimetro. Allora tirò più forte, si mise di peso, persino chiamò un suo cugino, noto in famiglia per essere “l’uomo che smonta tutto”. Ma niente. Quel chiodo era incastrato come se avesse radici profonde fino al centro della terra.

Deciso a non arrendersi, Graziano chiamò un muratore. “Ci penso io,” disse l’uomo. Dopo mezz’ora di martelli e scalpelli, il muratore si fermò, sconfitto. “Non ho mai visto niente del genere. Mi sa che devi chiamare un esorcista.”

Graziano, esasperato, iniziò a chiedersi se il chiodo avesse una qualche proprietà magica. Forse, se lo avesse lasciato in pace, gli avrebbe portato fortuna? Ma la cosa peggiore arrivò quella notte, quando fece un sogno: il chiodo parlava! “Lasciami stare, sono qui per aiutarti,” gli diceva con voce metallica e rugginosa. Si risvegliò sudato, con la netta sensazione che forse… forse il chiodo avesse davvero qualcosa da dirgli.

La mattina seguente, con occhi gonfi di sonno, decise di ignorare il chiodo per un giorno. E così fece. Non lo guardò nemmeno di sfuggita, e si accorse che, stranamente, la sua vita era un po’ più leggera senza quella preoccupazione. Andò avanti così per una settimana, poi due e ancor più, fino a quando trascorse un mese esatto.

Quel giorno, mentre era a casa di un amico, raccontò la sua storia tra una risata e l’altra. “E alla fine, sai che c’è? Non ci penso più, quel chiodo può anche diventare il re della cucina per quanto mi riguarda!” E proprio in quel momento, una scintilla di intuizione attraversò la sua mente.

Tornato a casa, Graziano si diresse verso il muro, prese un quadro che teneva in cantina e lo appese… proprio al chiodo fisso.

Da quel giorno, ogni volta che lui guardava quel quadro, sorrideva. Non per l’opera in sé, ma per il ricordo di come un semplice chiodo avesse saputo regalargli una lezione di vita: a volte, quello che ci tormenta è solo una questione di prospettiva. E così, finalmente, visse più sereno e contento. E il chiodo? Beh, lui se ne stava lì, sereno come lo era sempre stato, ma finalmente con un vero scopo.

 

 

N.d.A.: Nomi e fatti sono frutto di fantasia, ogni riferimento è puramente casuale.

 

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