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Separati in casa
Mi separa da lui un muro così sottile che il suo respiro giunge nel mio orecchio come il ronzio ostinato di un insetto. Lui dorme con la testa rivolta ad Occidente e nascono dall’osso della sua fronte le ombre del tramonto che come teli viola coprono a lutto anche le fondamenta. Io scruto con occhi insonni il Settentrione e la sua stella colma di tempesta. Talvolta, al principio del mattino, s’incrociano i nostri passi sulla soglia, ma più si fanno i nostri corpi vicini più le lingue s’inceppano sopra i sassolini gettati di traverso dall’Orgoglio.
Trasloco
Il gesto era sempre identico: piegare la tovaglia alzando gli orli e lasciare cadere le briciole sulle piastrelle del terrazzo. Arrivavano i passeri a becchettarle, timidi, tra rapidissimi frulli, ed i colombi ritti sulle zampine color delle rose di maggio, gli occhi d’oro sempre attoniti. Per i residui più minuti faticavano due file di formiche. A primavera i calabroni sembravano proiettili impazziti, finché, pietosa, aprivo per loro le finestre e si tuffavano nello specchio dell’aria con voluttà rapinosa. Le lucertole con i loro alfabeti neri sulla pelle smeraldo correvano paurose a nascondersi dietro i vasi di gerani rosa. Stava la mia gatta a spiarle con le sue lunelle d’oro, immobile come una dea di pietra, per ore. L’estate scorsa non capivo da dove provenisse un ronzio come di una vecchia radio accesa. E solo oggi, durante il trasloco, mi accorgo delle case d’argilla lasciate dalle vespe tra le pagine dei libri. Penso - e mi commuovo - che li hanno scambiati per serre traboccanti di parole odorose. La mia casa era un minuscolo zoo dove vivevano tante creature: c’erano le zanzare, le libellule e le mosche noiose, e piccole farfalle così chiare che appena si distinguevano dal muro. E io e lui eravamo gli animali più infelici.
Da sola
Indugiando tra le cose un’ombra visita la stanza e taglia l’aria alle mie spalle. Mi stacca il corpo dalla parete dove si appoggiava con la vita, ed io impallidisco all’improvviso, guardo per un istante la finestra e la gioia vermiglia del geranio. Mi chiedo dove comincia il luogo, lo zero della morte; mi sembra di gridare senza suono di voce, ma uno stridio di gomme sul selciato mette in moto l’ardore del giorno, mi ridona al tormento del corpo ed alle trafitture addominali.
[ Da Traslochi, di Franca Alaimo, LietoColle ]
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