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Poesia che mi guardi

 

 

Amore di lontananza

 

Ricordo che, quand’ero nella casa
della mia mamma, in mezzo alla pianura,
avevo una finestra che guardava
sui prati; in fondo, l’argine boscoso
nascondeva il Ticino e, ancor più in fondo,
c’era una striscia scura di colline.
Io allora non avevo visto il mare
che una sol volta, ma ne conservavo
un’aspra nostalgia da innamorata.
Verso sera fissavo l’orizzonte;
socchiudevo un po’ gli occhi; accarezzavo
i contorni e i colori tra le ciglia:
e la striscia dei colli si spianava,
tremula, azzurra: a me pareva il mare
e mi piaceva più del mare vero.

 

Milano, 24 aprile 1929

 

 

 

Bellezza

 

Ti do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.

 

Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.

 

Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –

 

E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch’io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo –
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette –

 

4 dicembre 1934

 

 

 

Preghiera alla poesia

 

Oh, tu bene mi pesi
l’anima, poesia:
tu sai se io manco e mi perdo,
tu che allora ti neghi
e taci.

 

Poesia, mi confesso con te
che sei la mia voce profonda:
tu lo sai,
tu lo sai che ho tradito,
ho camminato sul prato d’oro
che fu mio cuore,
ho rotto l’erba,
rovinata la terra –
poesia – quella terra
dove tu mi dicesti il più dolce
di tutti i tuoi canti,
dove un mattino per la prima volta
vidi volar nel sereno l’allodola
e con gli occhi cercai di salire –
Poesia, poesia che rimani
il mio profondo rimorso,
oh aiutami tu a ritrovare
il mio alto paese abbandonato –
Poesia che ti doni soltanto
a chi con occhi di pianto
si cerca –
oh rifammi tu degna di te,
poesia che mi guardi.

 

Pasturo, 23 agosto 1934

 

 

 

Treni

 

A notte
un lento giro d’ombre rosse
alle pareti avviava i treni: tonfi
cupi d’agganci
al sonno si frangevano.

 

E lavava
lieve la corsa della pioggia il fumo
denso ai cristalli: sogni
s’aprivano continui, balenanti
binari lungo un fiume.

 

Ora ritorna
a volte a mezzo il sonno quel tuonare
assurdo
e per le mute vie serali, ai lenti
legni dei carri e dentro il sangue
chiama
lunghi fragori – e quell’antico ardente
spavento e sogno
di convogli.

 

Torino, 1° maggio 1937

 

 

[ da Poesia che mi guardia cura di G. Bernabò e O. Dino, Luca Sossella Editore ]

 

 

 Franca Alaimo - 25/10/2019 17:42:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

La poesia di Antonia Pozzi attrae a sé un numero sempre maggiore di lettori, probabilmente perché ha il pregio di essere comunicativa e, sebbene lavorata, lontana da ogni freddo tecnicismo. In altre parole, leggere i versi di Antonia significa immergersi nella sua anima delicata e sofferente, che, anche nei momenti più cupi, non perde di vista la bellezza dei paesaggi e di ogni piccola cosa vivente; e, soprattutto non smarrisce mai la vocazione poetica. Antonia sa raccontare anche le più intime e profonde emozioni e i più complessi stati d’animo attraverso un lessico sempre nobile e raffinato e immagini di grande tenerezza. Non si può non amarla.

 Franco Bonvini - 22/10/2019 11:00:00 [ leggi altri commenti di Franco Bonvini » ]

..tu sai se io manco e mi perdo..
Devi andare a Pasturo per sentirla davvero mancarsi e perdersi

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