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Quattro poesie

 

*

 

Condizione

 

Un uomo solo,
chiuso nella sua stanza.
Con tutte le sue ragioni.
Tutti i suoi torti.
Solo in una stanza vuota,
a parlare. Ai morti.

 

*

 

Versicoli quasi ecologici 

 

Non uccidete il mare,
la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l’uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro. L’amore
finisce dove finisce l’erba
e l’acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l’aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
paese guasto: “Come
potrebbe tornare a essere bella,
scomparso l’uomo, la terra”.

 

*

 

Foglie

 

Quanti se ne sono andati...
Quanti.
Che cosa resta.
Nemmeno
il soffio.
Nemmeno
il graffio di rancore o il morso
della presenza.
Tutti
se ne sono andati senza
lasciare traccia.
Come
non lascia traccia il vento
sul marmo dove passa.
Come
non lascia orma l’ombra
sul marciapiede.
Tutti
scomparsi in un polverio
confuso d’occhi.
Un brusio
di voci afone, quasi
di foglie controfiato
dietro i vetri.
Foglie
che solo il cuore vede
e cui la mente non crede.

 

*

 

L’idrometra

 

Di noi, testimoni del mondo,
tutte andranno perdute
le nostre testimonianze.
Le vere come le false.
La realtà come l’arte.

Il mondo delle sembianze
e della storia, egualmente
porteremo con noi
in fondo all’acqua, incerta
e lucida, il cui velo nero
nessun idrometra più
pattinerà – nessuna
libellula sorvolerà
nel deserto, intero.

 

 

 Maria Teresa Schiavino - 21/02/2022 10:40:00 [ leggi altri commenti di Maria Teresa Schiavino » ]

Ho sempre amato Giorgio Caproni per la semplicità quasi discorsiva con cui entra come un coltello nelle pene più segrete che affliggono l’uomo. L’impermanenza è sicuramente una di queste. I suoi versi sono come un vento che pareggia le dune di un deserto, quello del tempo dopo di noi. Pur nella consapevolezza di questa impermanenza si continuano i giochi, l’arte, la poesia, le ragioni e i torti. E’ come una illuminazione , un momento di chiarezza che balena fra le parole per poi subito perdersi nel tempo.

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