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La differenza tra la poesia e la prosa

Montale e i sambuchi. Nell'amabile libretto "Montale e la Volpe" in cui Maria Luisa Spaziani ricorda episodi del suo lungo sodalizio con Montale, c'è un episodio che bisognerebbe far studiare nelle scuole. Dunque, Spaziani e Montale passano vicino a una fila di sambuchi, fiore che Spaziani aveva sempre amato perché "a guardarlo con attenzione vi si può scorgere uno stellato notturno, con piccolissimi bocci a raggiera, un incanto". E forse per questo, dice, fra le poesie di Montale che da sempre sapeva a memoria, privilegiava un endecasillabo di straordinario accento: "Alte tremano guglie di sambuchi". 

Montale, vedendo Spaziani in estasi davanti ai sambuchi, dice "che bel fiore" e poi domanda cosa sia, strappando all'amica "un urlo da belva ferita". Ma come, il poeta aveva fatto del sambuco una splendida immagine poetica eppure non era in grado di riconoscere un sambuco in natura? Ma Montale si era giustificato dicendo: "Sai, la poesia si fa con le parole". Trovo l'episodio fondamentale per capire la differenza tra la poesia e la prosa. 

La prosa parla di cose, e se un narratore introduce un sambuco nella sua vicenda deve sapere cosa sia e descriverlo come si deve, altrimenti poteva fare a meno di evocarlo. Nella prosa "rem tene, verba sequentur", possiedi bene quello di cui vuoi parlare e poi troverai le parole adatte. Manzoni non avrebbe potuto aprire il suo romanzo con quello splendido incipit (che è poi un novenario) seguito da una cantabile descrizione paesaggistica, se non avesse prima guardato a lungo e le due catene non interrotte di monti, e il promontorio a destra e l'ampia costiera dall'altra parte, e il ponte che congiunge le due rive, per non dire del Resegone. In poesia accade invece tutto l'opposto, prima t'innamori delle parole, e il resto verrà da sé, "verba tene, res sequentur". 

Dunque Montale non avrà mai visto le minuscole biche, le alghe asterie, l'erbaspada, la siepe cimata dei pitosfori, la piuma che s'invischia, gli embrici distrutti, la cavolaia folle, il coro delle coturnici, la furlana e il rigodone, la rèdola nel fosso? Chissà, ma tale è il valore delle parole nella poesia, dove il rivo strozzato gorgoglia solo perché deve rimare con l'accartocciarsi della foglia, altrimenti avrebbe potuto - che so - gloglottare, borbottare, rantolare, ansimare o boccheggiare, mentre una pura necessità aurale ha voluto che il rivo mirabilmente gorgogliasse e "per sempre - con le cose che chiudono in un giro - sicuro come il giorno, e la memoria - in sé le cresce".


[ Tratto da l'Espresso ]

 Marisa Madonini - 07/04/2024 15:45:00 [ leggi altri commenti di Marisa Madonini » ]

In effetti la poesia è talmente di per sé visionaria da venire sovente soccorsa dall’attaccamento al fascinoso suono della parola. Tuttavia, se questo è vero per il sambuco montaliano, pare che la poesia oggi si presenti, in molti casi, in modo che oserei dire più prosaico come se la verità fosse lì vicina, solo al limitare...

 Arcangelo Galante - 13/12/2017 10:39:00 [ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

Sempre temi interessanti, quelli affrontati con obiettività e profonda attenzione dall’autore, che, battezzando la pubblicazione con un titolo ben chiaro, rende esplicito a tutti i lettori i propri punti di vista, dinanzi all’argomento intavolato, il quale, richiederebbe pagine e pagine di commenti, per sviscerarlo, adeguatamente. Comunque sia, unisco il mio plauso a chi mi ha gentilmente preceduto, augurandomi sempre che il linguaggio per fare prosa o poesia, indipendentemente dalle basi che le differenzino, non occultino mai il valore dell’una e dell’altra, nel mondo letterario, non soltanto con riferimento a quanto esposto e raccontato nella pubblicazione. Grazie davvero, Roberto Maggiani, per la proposta utile a comprendere sempre più un “qualcosa” che apparentemente, forse, scontato o sconosciuto, potrebbe sembrare, nell’utilizzo corretto. Articolo, volentieri letto!

 Domenico Morana - 10/01/2012 23:09:00 [ leggi altri commenti di Domenico Morana » ]

L’evidenza accumulata in millenni d’esperienza poetica (sciamanica) permette di sostenere che il nostro mondo è veramente costruito in qualche modo sul linguaggio. Sebbene in disaccordo con le aspettative della scienza moderna, questa proposizione radicale concorda con molte correnti di pensiero linguistico. Il linguaggio non è semplicemente un sistema per comunicare idee sul mondo, è piuttosto uno strumento per proiettare in primo piano la realtà nell’esistenza.
La realtà non è semplicemente esperita o riflessa nel linguaggio, ma al contrario addirittura prodotta dal linguaggio… Per il poeta (lo sciamano) il mondo sembra essere più nella natura d’una totalità o d’una leggenda… Il cosmo è una leggenda che diventa vera nel momento in cui è detta e si dice.

Bella proposta, Roberto, meritevole di più appropriate riflessioni delle mie...

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